domenica, gennaio 04, 2009


SOSTEGNO A SORU, TRA OMBRE E LUCI

Con la conferma delle dimissioni di Renato Soru, ha ufficialmente avuto inizio quella che, per il centro-sinistra sardo, si presenta come la più travagliata campagna elettorale della storia dell’Autonomia. Mentre Berlusconi riunisce i suoi dignitari per l’ennesimo selezionatissimo brindisi nel salotto buono di Villa Certosa, al commissario del PD Passoni spetta il difficile compito di rimettere insieme i cocci di una coalizione allo sbando, nel tentativo di assicurare a Mr. Tiscali quel minimo di sostegno di cui ha bisogno per coltivare qualche speranza di vittoria.
Premesso infatti che le prossime consultazioni si tradurranno per forza di cose in una sorta di referendum sull’operato dell’attuale Esecutivo, il Governatore uscente si troverà a dover fronteggiare - oltre al solito fuoco da parte dei subordinati del Cavaliere – anche il malcontento di un’ampia fetta dell’area democratica, la quale minaccia di astenersi in massa e di contribuire così in maniera determinante a consegnare al candidato del PDL il governo della Regione.
Ecco, proprio la necessità di impedire che in Sardegna venga a profilarsi una situazione analoga a quella che in Abruzzo ha fatto da cornice alla recente affermazione di Gianni Chiodi impone la formulazione di una domanda: come si può ri-mobilitare l’elettorato al termine di un’esperienza di governo che obiettivamente ha alternato ombre e luci? Sulla base di quali argomenti può essere dimostrata la necessità di sostenere Soru nella sua difficile corsa verso il secondo mandato?
Per offrire una risposta convincente a siffatto interrogativo, occorre mettere un punto fermo: non tutte le critiche mosse all’ex Presidente dagli esponenti del fronte “anti-soriano” della coalizione di centro-sinistra appaiono prive di fondamento. L’operato della Giunta ha infatti risentito della affrettata rinuncia al contributo di due assessori del prestigio e dell’esperienza di Francesco Pigliaru e Tonino Dessì; il Governatore ha troppo spesso dimostrato la tendenza a privilegiare le sbrigative logiche del freddo manager rispetto alle dinamiche che presiedono al funzionamento di una democrazia parlamentare; la disciplina del conflitto di interessi di recente approvazione viene considerata, da alcuni autorevoli commentatori, come non idonea a risolvere quei fenomeni di connessione tra potere economico e cariche istituzionali che, coinvolgendo in primo luogo l’attuale inquilino di Palazzo Chigi, rappresentano di fatto la principale disfunzione del sistema politico italiano.
Tutto vero. Ma ora dobbiamo chiederci: questi rilievi possono razionalmente giustificare l’adesione al teorema secondo cui la differenza tra destra e sinistra sarebbe venuta meno, con la conseguenza che il non-voto costituirebbe l’unica praticabile manifestazione di dissenso verso lo status quo? Possono rendere accoglibile la posizione di quanti individuano nella definitiva sparizione del dominus de “L’Unità” dalla scena politica isolana il momento iniziale di quella fase rinnovamento di cui il centro-sinistra sardo avverte disperatamente il bisogno? Possono, in altre parole, indurre una parte del popolo progressista a considerare l’ascesa di un sodale di Berlusconi alla guida dell’Istituzione regionale alla stregua dell’apertura di una nuova stagione di sviluppo e riforme?
Ovviamente, la risposta a tali quesiti non può che consistere in un secco niet: esistono infatti tre buoni motivi per continuare a militare nelle forze di centro-sinistra, tre buoni motivi per sostenere ancora la candidatura di Soru, malgrado il continuo alternarsi di ombre e luci che ha caratterizzato la legislatura appena conclusa.
In primo luogo, appare evidentemente poco credibile l’atteggiamento di quanti, per combattere contro la concezione monocratica del potere, contro le connessioni tra politica ed economia, contro la pretesa insofferenza alle dinamiche democratiche propria del Governatore uscente, scelgono di ingrossare (seppure attraverso una mera omissione) le fila di quella destra arrogante e forcaiola che individua proprio nell’esaltazione dell’Uomo solo al comando, nel costante svilimento delle prerogative delle istituzioni di garanzia, nella reiterata legittimazione del più macroscopico conflitto di interessi configurabile nel Mondo occidentale i presupposti fondamentali della propria strategia di governo.
In secondo luogo, la sconfitta di Mr. Tiscali non faciliterebbe in alcun modo la tanto auspicata formazione di una nuova classe dirigente, finalmente in grado di recepire le istanze che la base democratica quotidianamente propone. Al contrario, una rovinosa debacle dell’ex Presidente della Regione risulterebbe funzionale alla definitiva restaurazione di quelle eterne oligarchie che si sono opposte alle scelte dell’editore de “l’Unità” nell’ultima fase del suo mandato. No, il rinnovamento non si persegue condannando i progressisti a cinque lunghissimi anni di desolante opposizione: si persegue supportando Soru con delle liste non riservate al solito manipolo di professionisti delle aule consiliari che concepiscono l’impegno nelle istituzioni come una semplice opportunità di carriera, ma finalmente aperte anche ai migliori settori di quella società civile che ha finora rappresentato un fattore imprescindibile per lo sviluppo dell’Isola.
Come sopra accennato, ai due argomenti appena esposti, se ne affianca poi un terzo, espressione immediata e diretta della concezione della politica propria di chi, in questi anni di militanza, non ha mai esitato ad assumere posizioni scomode pur di “dire qualcosa di sinistra”. Poco prima delle elezioni politiche del 2006, Vittorio Foa scriveva: “Agli elettori di sinistra dico: abbiate fiducia in voi stessi, nelle vostre idee”. Orbene, proprio il contenuto di questa frase può essere determinante per convincere quei tanti elettori indecisi che, in Sardegna come in Abruzzo, meditano sull’opportunità di manifestare con l’astensione la loro sfiducia nei partiti, dopo un’esperienza di governo per certi versi deludente.
Dobbiamo avere fiducia in noi stessi, nelle nostre idee: ecco, in questo particolare frangente il voto al centro-sinistra non si esaurisce nell’estrema concessione alla logica del meno peggio, nell’ennesima delega in bianco ad un candidato sotto tanti aspetti riformabile e ad una classe politica destinata, prima o poi, a disperdersi tra le nebbie della Storia. No, il voto al centro-sinistra rappresenta quell’ulteriore attestato di fiducia richiesto all’elettorato progressista dal padre nobile della CGIL, a difesa di un patrimonio di valori e principi che ha attraversato l’intero Secolo Breve per riaffermare la sua potente attualità all’alba del terzo millennio.
Così ragionando, è proprio alla fiducia in noi stessi e nelle nostre idee che dobbiamo fare ricorso per mobilitare l’elettorato in vista della campagna che sta per cominciare; è nella fiducia in noi stessi e nelle nostre idee che possiamo in conclusione rinvenire i tre argomenti validi per sostenere ancora Renato Soru, al di là del pericoloso gioco di ombre e luci che ha caratterizzato i suoi cinque anni a Villa Devoto.

Carlo Dore jr.