lunedì, maggio 11, 2015

STORIA DI ESTELLA, RIVOLUZIONARIA COSTITUENTE

Raccontare la storia di Estella significa raccontare la storia di una generazione: una generazione forgiata dal fuoco di due guerre, riscaldata dall’eco delle canzoni partigiane, nutrita dalle ceneri di Auschwitz, e capace di riversare la forza di quell’esperienza nella Costituzione del ’48, in quel modello di democrazia parlamentare di cui legislatore attuale non sembra percepire la vitalità.

“Proletaria nel profondo”, “rivoluzionaria professionale”, Teresa Noce nasce partigiana: nasce cioè come donna di parte che condivide l’odio di Gramsci per gli indifferenti, per i mediatori, per i pontieri, per i professionisti della contiguità rispetto ai centri di potere. Applicandone per un attimo la visione agli schemi della politica attuale, è lecito supporre che il “Partito della Nazione” sarebbe apparso ai suoi occhi come un’anomalia inconcepibile, che le malcelate corrispondenze tra forze progressiste e vecchi militanti della destra più estrema sarebbero state indicate come la peggiore tra le aberrazioni.

Teresa Noce nasce partigiana, e da partigiana attraversa i momenti più drammatici dell’epoca dei grandi totalitarismi: dalla guerra di Spagna alla resistenza francese; dai lager di Ravensbruk e Holleischen al crollo del nazismo; dalle ferite dell’Italia liberata dal fascismo all’entusiasmo che supportava la ricostruzione di un Paese in ginocchio. Fuoco, canzoni, cenere, forza: la storia di Estella è la storia della battaglia di Guadalajara, con gli italiani del battaglione Garibaldi costretti a combattere contro le milizie di compatrioti inviate da Mussolini a sostegno del Generalissimo Franco, e scambiate poco prima per truppe di supporto; è la storia della Marsigliese con cui le strade di Parigi soffocavano gli ordini delle SS, per simboleggiare, ancora una volta, la supremazia della forza di un’idea su un’idea basata esclusivamente sull’uso della forza; è la storia della conferenza sui diritti delle donne, organizzata nel chiuso di una baracca della morte, supremo sussulto di dignità di un gruppo di deportate che non volevano rassegnarsi ad un destino apparentemente ineluttabile; è anche la storia di un partito che ancora conservava la propria duplice dimensione di casa – caserma, dimostrandosi tanto capace di mobilitarsi per alleviare la fame dei bambini di Milano quanto inflessibile nel sanzionare i propri militanti che avevano ceduto alla tentazione di un piatto di lasagne.

Ma nella storia di Estella c’è anche altro: c’è il lavoro di parlamentare, dedicato principalmente alle leggi sulla maternità e sulla parità del salario; e, prima ancora, c’è l’esperienza dell’Assemblea Costituente, contrassegnata, in particolare, dal rifiuto di assecondare le indicazioni di Togliatti in ordine all’approvazione dell’art. 7 della Carta, che attribuisce rilevanza costituzionale ai Patti Lateranensi. La tattica del Migliore - finalizzata a garantire la legittimazione democratica del PCI dinanzi al Vaticano, e ad arginare le pulsioni reazionarie di Papa Pacelli – e la necessità di rafforzare il compromesso tra masse socialiste e popolo cattolico (lucidamente rappresentata negli scritti di Franco Rodano) non piegarono l’anima della rivoluzionaria professionale: i Patti Lateranensi costituivano pur sempre un baluardo del ventennio, e come tale andavano superati.

La storia di Estella, si diceva, è la storia di una generazione: delle sue battaglie, dei suoi successi e dei suoi fallimenti. Ma proprio mentre la sua narrazione volge al termine, questa storia ci affida almeno due spunti di riflessione, alla luce dei quali è possibile procedere ad una più attenta analisi del percorso riformatore intrapreso, forse incautamente, dal legislatore attuale. Una Costituzione, per sua natura, non si identifica nella semplice espressione della volontà di una contingente maggioranza politica, ma si basa su un “compromesso alto” tra partiti di diverso orientamento, uniti da un substrato di valori comuni. Con riferimento all’Assemblea Costituente, questo substrato comune risedeva proprio nella partecipazione di tutte le sue componenti al percorso della Resistenza e della Liberazione: la Costituzione, in altri termini, nasce dallo stesso fuoco, dalle stesse ceneri, dalle stesse canzoni, dalla stessa forza da cui è permeata la storia di Estella.

Ecco perché il legislatore attuale avrebbe il dovere di dedicarsi all’elaborazione di riforme ispirate all’attuazione dei principi della Carta, piuttosto che procedere nella pericolosa avventura di una revisione costituzionale di fatto sostenuta solo da alcune componenti della maggioranza parlamentare: perché quel substrato di valori comuni in grado di supportare il compromesso alto in cui si identifica il patto costituente allo stato non esiste. Perché il legislatore attuale non ha una storia come quella di Estella da poter raccontare.

Carlo Dore jr.