domenica, maggio 22, 2016

L’INFILTRATO Vindice Lecis – Nutrimenti – pp. 187

Combinando sapientemente la tensione narrativa dello scrittore di successo con il lucido rigore dell’analista politico, l’ultimo romanzo di Vindice Lecis offre un potente affresco corale delle tensioni, delle speranze e dei conflitti che laceravano l’anima della sinistra italiana durante la fase più buia degli “Anni di Piombo”: quella che va dall’uccisione di Aldo Moro al superamento del Compromesso storico, dalle prime indagini del Generale Dalla Chiesa al brutale assassinio di Guido Rossa.

“L’infiltrato” è tutto questo, e molto di più: è la storia di un sogno, il sogno dei militanti di un partito che, individuando nel dialogo tra masse cattoliche e popolo progressista la strada per superare gli schemi di una democrazia imperfetta, si affacciava per la prima volta al portone di Palazzo Chigi; è la storia di un Paese messo a ferro e fuoco da un manipolo di sicari travestiti da terroristi, capaci di affogare, alla luce di inconfessabili interessi superiori, in un bagno di sangue gli stessi ideali della lotta partigiana; è la storia di quel variegato sottobosco di militari, faccendieri, trafficanti e spioni che si aggiravano per l’Italia, per imporre le ombre lunghe del muro elevato tra Jalta e Berlino in confronto di quanti si ostinavano a considerare il PCI non subalterno alle logiche di Mosca.
            
Un partito sotto attacco da destra e da sinistra, un Paese assediato da nemici senza volto e da falsi alleati: la scelta di perseguire la linea della fermezza in difesa delle istituzioni repubblicane, la condanna senza appello dei compagni che sbagliano, Berlinguer descritto come il principale avversario della classe operaia, i contatti tra Pecchioli e Dalla Chiesa, la scelta del PCI, pericolosa e generosa, di inserire i suoi militanti nelle varie realtà della  galassia extraparlamentare allo scopo di  comprenderne le logiche e di prevenirne le azioni. La ricostruzione dello storico si salda con la fantasia del romanziere per descrivere la vicenda personale di Antonio Sanna, funzionario tutto d’un pezzo incaricato di gestire i contatti con Vasco, militante infiltrato in una delle tante cellule autonome convertitesi alla lotta armata.
            
Da Padova a Sassari, davanti agli occhi disincantati di Sanna scorrono i frammenti di un’Italia oppressa da una cappa grigia di rancore e paura, con il linguaggio gelido dei comunicati delle BR  destinato idealmente a mescolarsi con l’odore della cordite e con il fuoco delle molotov scagliate contro le sezioni del partito: fino al tragico epilogo, la morte di Guido Rossa, l’operaio giustiziato dai giustizieri della classe operaia. Le fabbriche si rivoltano contro il Movimento, i capi delle BR iniziano a cadere nella rete di Dalla Chiesa: troppo tardi, per vedere realizzato il disegno di Moro e Berlinguer; troppo tardi, per superare la conventio ad excludendum delineata all’ombra del muro; troppo tardi per evitare il perpetrarsi di quella democrazia imperfetta destinata ad implodere con la crisi della Prima Repubblica.
            
L’infiltrato può allentare la sua militanza nell’area del fiancheggiamento, il PCI torna all’opposizione, il fantasma di Gladio - della struttura para-militare creata da quelle forze della conservazione che intendevano reagire ad un’eventuale vittoria dei comunisti con un colpo di stato in stile cileno – inizia ad aggirarsi tra le stanze di Botteghe Oscure: c’è un’altra missione da compiere, un nuovo nemico da contrastare. Sanna lascia la stanza di Pecchioli senza nulla chiedere: portando dentro di sé il peso dell’ennesimo incarico da svolgere; ignorando, più o meno consapevolmente, l’amarezza che sempre accompagna le ultime battute di una storia destinata a risolversi in un sogno mancato.

Carlo Dore jr.