sabato, marzo 28, 2009




LA GIOSTRA MEDIATICA DEL MERCANTE DI SOGNI


L’immagine del congresso fondativo del PDL che forse più di ogni altra passerà alla Storia è quella di Silvio Berlusconi che, disperatamente abbarbicato alle braccia di Michela Vittoria Brambilla e Stefania Prestigiacomo, risponde all’ovazione della folla oceanica convocata per l’occasione, sotto lo sguardo benevolo dell’ex missino La Russa, dell’ex democristiano Rotondi, dell’ex socialista Cicchitto, dell’ex dipietrista Di Gregorio.
Se ci si fermasse all’esame di questa immagine, se ne potrebbe ricavare l’impressione dell’ennesima parata di veline e vecchie glorie predisposta per esaltare lo smisurato ego dell’Unto dal Signore, della solita adunanza di supporters organizzata allo scopo di alimentare il circo mediatico su cui il vecchio Mercante di Sogni fa affidamento per moltiplicare ulteriormente il suo già smisurato consenso. Il problema è che questa volta il Mercante di Sogni mira più in alto: mira a creare quel partito “capace di raggiungere il 51 per cento dei consensi” che gli consenta di gridare in faccia agli oppositori “il popolo sono io!”, di concludere con l’ascesa al più elevato scranno del Quirinale la breve marcia intrapresa dal basso del predellino di una Mercedes.
Tuttavia, mentre l’applauso dei Dell’Utri boys inizia a disperdesi nel grigio silenzio della periferia romana, gli sterili proclami che inneggiano al “momento storico per la democrazia italiana” non impediscono ad un osservatore attento di rilevare come il PDL – nella sua pretesa dimensione di partito liberale proiettato nella galassia del moderatismo europeo - politicamente non abbia alcuna consistenza, risolvendosi in una lunga sequenza di sigle provenienti dal chiuso della Prima Repubblica e tenute insieme nel calderone di una destra a-costituzionale ed un po’ reazionaria dalla sola puissance del leader forte, di un leader disposto a tutto pur di dare vita (in base a quanto affermato dal settimanale “The Econimist”) “al partito che gli assicura la libertà di fare quello che vuole”.
Ma se tutto questo è vero, come è allora possibile che un partito che si esaurisce nel sorriso di cartapesta dell’Uomo solo al comando sia in grado di candidarsi a rappresentare la maggioranza assoluta degli Italiani? In base a quale calcolo il Cavaliere pensa di poter un giorno affermare “il popolo sono io”? Qual’è, in altre parole, la chiave di volta che fa funzionare la giostra del vecchio Mercante di Sogni?
Molto probabilmente, la risposta agli interrogativi appena formulati deve essere rinvenuta nella sostanziale incapacità, reiteratamente manifestata dalle forze di centro-sinistra, di proporre un’alternativa credibile allo strapotere berlusconiano, di contrastare efficacemente quella perversa connessione tra interessi economici, ruoli istituzionali, autoritarismo peronista ed ossessiva ricerca dell’impunità da cui è alimentata la marea nera che al momento sembra sommergere il Paese.
Le esperienze del 1996 e del 2006 rivelano infatti un dato incontrovertibile: per i progressisti, il PDL rappresenta un avversario battibile, un avversario che rivela tutta la sua debolezza allorquando l’elettorato viene chiamato a prendere posizione sui grandi temi del conflitto di interessi, della giustizia, della tutela del lavoro, della questione morale. Ebbene, invece di impostare il dibattito politico come una grande battaglia di idee, togliendo così il fiato ad un interlocutore che tenta da sempre di coprire con i fuochi d’artificio del potere economico la propria endemica mancanza di contenuti, i partiti che sostenevano l’Esecutivo guidato da Romano Prodi hanno finito col dividersi tra il massimalismo senza costrutto della c.d. “sinistra radicale” e l’inconsistente idea veltroniana del “partito gazebo”, con l’accettare il berlusconismo come una normale componente della società italiana, col declinare alla lunga – anche e soprattutto attraverso l’esplicita rinuncia ad individuare nella regolamentazione del conflitto di interessi il punto di partenza di ogni strategia riformatrice – una visione della politica e della società sostanzialmente compatibile con i dettami del Vangelo secondo Silvio.
Se però si tiene fede all’antico proverbio secondo cui la più buia ora della notte è proprio quella che precede l’alba, allora bisogna concludere che l’alba forse sta per arrivare. L’immagine dell’Unto dal Signore che tiene a battesimo il suo partito di maggioranza assoluta può infatti costituire la scintilla in grado di spingere il centro-sinistra a rimobilitare il proprio elettorato - attraverso una rinnovata unione tra le varie forze riformiste e democratiche che ancora rappresentano le più vitali componenti della società italiana - per combattere quella grande battaglia di idee dinanzi alla quale il Cavaliere ha più volte dimostrato di andare in sofferenza, nella forte consapevolezza del fatto che una democrazia evoluta non può reggersi sulle pulsioni cesariste del dominus indiscusso di una destra a-costituzionale, sulla giostra mediatica che alimenta il consenso di un vecchio Mercante di Sogni.

Carlo Dore jr.