mercoledì, dicembre 08, 2010



PROSSIMA FERMATA: ARCORE. ROTTAMATE IL ROTTAMATORE.

Prossima fermata: Arcore. Il treno di Matteo Renzi, sindaco di Firenze nonché leader indiscusso ed indiscutibile del nuovo rinascimento democratico ispirato al rinnovamento ed all’archiviazione delle vecchie ideologie, fa tappa nel feudo del premier che della politica deidologizzata ed anti-ideologica è stato ispiratore e principale artefice. I quarant’anni di differenza che li dividono non impediscono a Silvio e Matteo di riconoscersi l’uno nell’altro. Berlusconi sorride e sospira: averne, di Renzi. Averne, di amministratori dalla battuta pronta e dal sorriso che cattura, capaci sempre e comunque di cavalcare la tigre del rinnovamento contro i vecchi parrucconi della politica. Averne, di oppositori che progettano di sacrificare le parole “sinistra”, “progressismo”, “giustizia sociale” sull’altare di internet, delle nuove tecnologie e della green economy, di rimpiazzare la polverosa icona di Berlinguer con le colorate immagini di Willy il coyote.

Renzi piace a Berlusconi, perché, politicamente parlando, Renzi è un prodotto di Berlusconi. E’ un prodotto di una politica semplificata ai minimi termini, radicalizzata a scontro tra tifoserie, dove lo spettacolo prevale sul contenuto, dove il carisma del leader basta a sopperire alla mancanza di contenuti appassionanti, di elaborazione programmatica, di proposte di alto profilo. Leaderismo, radicalismo, banalizzazione: in una parola, concezione anti-ideologica della politica. E’ questa l’idea di fondo di Renzi: la rottamazione come superamento di tutto ciò che sa di vecchio, di orientato, di ideologico; la proposizione di un modello fatto di parole semplici e gradevoli, in cui i concetti si alternano alle note sparate un po’ a caso dalla tastiera di una consolle. Matteo cresce e miete consensi, con la sua parlata toscana sa come bucare il video: è un Obama che sa un pò di Pieraccioni, un leader fuori dagli schemi, come il Berlusconi del 1994. Stessa strategia, identico percorso: la clava del rinnovamento utilizzata come strumento di potere.

Il rottamatore varca con passo sicuro i cancelli di Arcore: le critiche dei moralizzatori ad ore non lo sfiorano, per parlare di Firenze abbatte le barriere delle idologie. I passionari riuniti alla Leopolda si spellano le mani: scelta forse discutibile nella forma, ma ineccepibile nella sostanza; il problema è che in politica le forme contano eccome.

Pierluigi Bersani osserva e scuote la testa: lui ad Arcore non sarebbe andato. Ma Bersani è l’emblema della vecchia poltica, il primo rottamabile della lista di Matteo: è ancorato a quella fetta di popolo che - indifferente alla green economy, ad internet ed alle nuove teconologie - continua ad individuare nella concezione del partito strutturato, nelle battaglie sociali, nei temi del lavoro, nella lotta ad ogni forma di conflitto di interessi i presupposti imprescindibili per predisporre quell’alternativa in grado di assicurare giorni migliori ad un Paese alla deriva.

Bersani rappresenta un modello di politica che Renzi percepisce come lontano ed alieno: alieno come Obama rispetto a Pieraccioni, come Berlinguer rispetto a Willy il coyote. Un modello di politica che non rinuncia agli steccati ideologici, nella convinzione che il superamento del berlusconismo non passi necessariamente dalla riproposizione in chiave riformista dogma delle convention spettacolo, della contrapposizione tra vecchio e nuovo, del rapporto diretto tra leader e popolo. Un modello secondo cui le parole “sinistra”, “progressismo”, “giustizia sociale” non costituiscono soltanto simboli impolverati di un’epoca che non esiste più, ma continuano a rappresentare la chiave dell’alternativa, i punti di riferimento di quanti vogliono assicurare giorni migliori per l’Italia, senza individuare nel treno del rinnovamento la più comoda scorciatoia verso il potere.

Prossima fermata: Arcore. Berlusconi si specchia in Renzi. Prossima fermata: Arcore. Rottamate il rottamatore.

Carlo Dore jr.

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