martedì, agosto 01, 2006



I FURBETTI DELL’INDULTINO


All’indomani dell’approvazione dell’indulto da parte del Senato, il ministro Mastella ha rilevato come la felice conclusione dell’iter relativo all’intesa sul provvedimento di clemenza rappresenta una vittoria del garantismo sul giustizialismo forcaiolo. Così ragionando, il Guardasigilli si è unito a quel trasversalissimo coro di benpensanti che, con chiaro riferimento alla posizione di Cesare Previti, non hanno esitato a qualificare talebani quanti “vogliono ancora vedere le manette ai polsi di un povero settantenne”.
Premesso che le ragioni proposte per giustificare l’estensione del provvedimento in questione anche ai soggetti sotto processo per reati finanziari sono sembrate talmente deboli da non risultare convincenti nemmeno per i non addetti ai lavori, le parole del Ministro della Giustizia hanno suscitato lo sconcerto e l’indignazione dell’intero elettorato progressista.
Costituisce infatti ormai una verità tristemente inconfutabile l’affermazione secondo cui, nella precedente legislatura, sono stati minati i principi essenziali su cui il nostro ordinamento giuridico (basato sulla separazione dei poteri dello Stato e sulla configurazione del processo penale come contraddistinto dalla “parità di condizioni” tra le parti del contraddittorio) attualmente si fonda.
Come noto, la non rimpianta maggioranza di centro-destra, elevatasi a principale difensore di alcuni imputati eccellenti, ha approvato negli ultimi cinque anni una serie di leggi utili non solo a risolvere le pendenze giudiziarie dei suddetti imputati, ma anche a precludere di fatto alla magistratura l’esercizio delle prerogative che la Carta Fondamentale ad essa riconnette.
Mentre i parlamentari dell’Ulivo assistevano passivi ed impotenti al bieco imperversare delle orde capitanate Cavaliere di Arcore, migliaia di persone non direttamente collegate ad alcun partito politico hanno invaso tutte le piazze d’Italia per manifestare il loro dissenso verso un simile status quo. A guidare questa dirompente opposizione civile non era solo l’avversione maturata in confronto degli atteggiamenti da caudillo quotidianamente ostentati dal Caimano nel salotto di Bruno Vespa, ma anche la convinzione che il centro-sinistra avrebbe saputo restituire efficienza ed equità al sistema-giustizia, attraverso una incisiva valorizzazione dei principi dell’autonomia della magistratura e della certezza della pena nei riguardi di quanti risultano condannati con sentenza irrevocabile.
Tuttavia, a seguito di un patto perverso stipulato proprio con i sodali di Berlusconi, il ministro Clemente (fedele al dogma del trasversalismo estremo proprio della migliore tradizione andreottiana) ha preferito ignorare il mandato conferito all’Unione dagli elettori, garantendo l’impunità a una serie di “poveri cristi” del calibro di Previti e Ricucci, di Cragnotti e Tanzi, di Fiorani e del sig. Savoia.
Ma una simile operazione, per quanto potenzialmente conveniente dal punto di vista degli equilibri parlamentari, espone l’attuale maggioranza al rischio (politicamente altissimo) di alimentare la spaccatura esistente tra i militanti ed i vertici dei partiti, sempre più impegnati in giochi di potere del tutto inidonei ad assecondare le istanze provenienti dalla base che li sostiene. E questa spaccatura può alla lunga rappresentare la principale causa del definitivo fallimento del progetto di Romano Prodi: quell’agguerrito manipolo di giustizialisti che si ostina a credere nei valori consacrati nella Costituzione non può in alcun modo sentirsi rappresentato dai furbetti dell’indultino.

Carlo Dore jr.

1 commento:

Massimo Marini ha detto...

Ottimo, come sempre, l'intervento. Alla giusta e comprensibile indignazione dovuta all'estensione dell'indulto ai condannati per reati finanziari, si aggiunge comunque l'assoluta inadeguatezza del provvedimento tutto. Non è infatti possibile che una maggioranza che ha posto come slogan principale della propria campagna elettorale "Serietà al Governo", si ritrova ad emmettere un provvedimento di scarcerazione senza prima aver approntato tutte le operazioni necessarie affinché i detenuti una volta fuori non si trovassero circondati dall'assoluto deserto. Sembra quasi sia stato fatto tutto ad arte affinché i poveri cristi (questi sì) rientrassero quanto prima dentro perché oggettivamente nella stragrande maggioranza dei casi si sono ritrovati soli e senza denaro e costretti dunque a riprendere a delinquere; mentre i vari VIP che citi nel tuo articolo, impunemente, andranno a prelevare con il loro piccolo bancomat (sigh!) i milioni di euro rubati agli indifesi consumatori. Tutto questo provocherà (e sta già provocando) indignate reazioni dei cittadini onesti che difficilmente, specie se di area italian-moderata, torneranno a votare per l'Ulivo/Unione (o come si chiamerà fra 5 anni). Perdità di credibilità e di voti in nome di un democristianissimo do ut des. In bon'ora, Massimo