lunedì, agosto 28, 2006


IL CACCIATORE DI INCIUCI
- la sindrome del Beriatravaglio –


Il rilievo giustamente offerto dall’intera opinione pubblica alle decisioni assunte dal Governo in ordine alle strategie di politica estera ha fatto praticamente passare sotto silenzio la polemichetta, elegantemente consumatasi sulle pagine de “l’Unità” all’inizio di agosto, tra Sergio Staino e Marco Travaglio.
In una delle sue vignette domenicali, Staino infatti proponeva la parodia del lento processo di trasformazione di cui sarebbe vittima il tipico militante dei DS in quanto soggetto alla venefica influenza del Beriatravaglio, un inquietante avvoltoio i cui tratti ricordano fatalmente quelli del ben noto giornalista, capace con la sua azione persuasiva di tramutare un appassionato osservatore delle scelte del partito in un fanatico “cacciatore di inciuci” pronto ad incrementare le fila della pseudotalebana “brigata di Micromega”.
Premesso che Antonio Padellaro ha intelligentemente riportato la suddetta querelle alla giusta dimensione di una normale divergenza di vedute sorta all’interno di una redazione non omologata ad un pensiero egemone, gli spunti offerti dalla vignetta appena descritta suggeriscono, a mio sommesso avviso, una riflessione ulteriore. Pur nella sua dimensione caricaturale, essa infatti mette in rilievo le radici più profonde di quella sorta di innata propensione al trasversalismo che ha caratterizzato l’azione delle principali forze del centro-sinistra dal momento stesso della loro ascesa al governo del Paese.
I più evidenti segnali dell’esistenza di siffatta propensione possono essere individuati nella scellerata intesa bipartizan che ha condotto all’approvazione dell’indulto, nella partecipazione di Berlusconi alla prossima Festa della Margherita, e infine nei mai rinnegati legami tra Clemente Mastella e Moggi.
Coloro i quali trovano la forza di denunciare un simile status quo, rilevando come le situazioni appena elencate si pongano in aperto contrasto con i valori a cui si ispira la sinistra tradizionale, vengono puntualmente bollati come disfattisti, come soggetti privi di lungimiranza politica e di lealtà istituzionale, come paranoici “cacciatori di inciuci”.
Tuttavia, il ragionamento ironicamente formulato da Staino è caratterizzato da un macroscopico errore di fondo: proprio in quanto osservatore appassionato delle vicende che coinvolgono il partito in cui tuttora si riconosce, l’autentico militante dei DS, politicamente formatosi tra i comizi di Berlinguer e le discussioni che animano ogni festa de “l’Unità”, è per forza di cose un cacciatore di inciuci, trovando nella questione morale e nelle ragioni costitutive della diversità esistente tra la già citata sinistra tradizionale e lo schieramento che ad essa si contrappone i capisaldi ideologici su cui è fondato il suo credo.
Le ragioni di questa diversità vengono quotidianamente ribadite attraverso gli articoli di Travaglio ed i saggi pubblicati su “Micromega”, nel tentativo di affermare una volta di più quella forte aspettativa di dicontinuità rispetto al passato che gli elettori continuano a nutrire nei confronti dell’attuale maggioranza di governo.
Se questa aspettativa dovesse al fine risultare disattesa, in quanto soffocata da basse logiche di tipo consociativo, il monito palesemente espresso dal “Caimano” di Nanni Moretti assumerebbe i contorni di una drammatica realtà: senza la discontinuità richiesta dai cacciatori di inciuci, si potrebbe davvero affermare che, malgrado il successo elettorale riportato dall’Unione nella notte del 10 aprile, Berlusconi di fatto ha vinto comunque.

Carlo Dore jr.

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