FASCISTI DA MARTE
Se Karl Marx avesse la possibilità di esprimere un giudizio sull’attuale situazione politica in Italia, non esiterebbe a rilevare che un fantasma si aggira da quasi vent’anni per il nostro Paese: è il fantasma del Revisionismo, un fantasma capace di obliterare nel nuovo calderone della “pacificazione nazionale”alcune delle più significative pagine della Storia del ‘900, di trasformare su due piedi i martiri in carnefici, i dittatori in politici illuminati, gli squadristi delle Brigate Nere in onesti difensori di una “rispettabile, anche se non condivisibile” corrente di pensiero.
Tuttavia, se inizialmente le apparizioni di questo strano fantasma si erano esaurite nelle tristi cerimonie di commemorazione dei “ragazzi di Salò” e nelle infondate teorie di qualche giornalista riscopertosi paladino del “sangue dei vinti”, il ritorno delle destre al potere sembra avere disvelato il vero volto dello spettro tanto a lungo alimentato dai nostalgici del Ventennio fascista.
Ora, dinanzi alla parata di saluti romani e croci celtiche che ha accompagnato la marcia di Alemanno verso il Campidoglio, dinanzi alla proposta avanzata dallo stesso ex leader della Destra Sociale di intitolare una strada della Capitale a Giorgio Almirante (storico fondatore del MSI nonché Capo di Gabinetto del Ministro Mezzasoma durante la Repubblica Sociale), dinanzi al rigurgito di puro estremismo che sembra animare le nuove ronde dei cultori della “sicurezza fatta in casa”, una domanda sorge spontanea: possibile che, dalla Garbatella all’Arena di Verona, la “marea nera” a cui faceva riferimento D’Alema in una delle sue ultime interviste stia lentamente – e nell’indifferenza generale – sommergendo l’Italia? Possibile che lo sparuto drappello di camice nere guidato alla conquista del Pianeta Rosso dal mitico gerarca Barbagli (personaggio cult delle trasmissioni di Corrado Guzzanti) abbia deciso di fare ritorno da Marte per riconquistare un posto al sole di Roma?
La più convincente risposta a tale interrogativo è stata fornita da Giorgio Bocca attraverso le pagine de “l’Unità”: i fascisti non sono semplicemente sbarcati da Marte, i fascisti, secondo il partigiano-scrittore, “si sono riciclati, hanno il potere, sono tornati in forze, e, come hanno detto, non si sentono più figli di un Dio minore”. Non deve quindi stupire più di tanto il tentativo di Alemanno di intitolare una via della Città Eterna ad un sostenitore delle leggi razziali, né possono provocare particolare meraviglia le affermazioni di un vecchio imprenditore dal passato discutibile che quotidianamente dichiara la sua “genetica appartenenza” alla cultura del Ventennio.
No, a destare sincero sconcerto è la rinuncia da parte della sinistra ad esercitare il proprio tradizionale ruolo di garante dei valori dell’antifascismo consacrati nella Carta Fondamentale, rinuncia confermata tanto dalle ben note frasi di Violante sui “caduti della RSI” quanto dalle incertezze dimostrate dai compilatori del manifesto del Partito Democratico nell’individuare la base storica fondante del nuovo soggetto politico nella Resistenza e nella lotta partigiana. In questo senso, le riflessioni di Giorgio Bocca suonano davvero come una condanna inappellabile: “la sinistra? Perché, c’è ancora la sinistra? Ho l’impressione che pur di campare la sinistra, o quel che rimane, sia disposta a tutto. Bisogna mangiare nella greppia del potere per tirare avanti”.
Sinistra, antifascismo, lotta partigiana: sono i valori a cui tre generazioni di progressisti italiani hanno ispirato la loro formazione ideologica, e sono i valori che oggi rischiano di essere sacrificati sull’altare della mediaticissima “politica deideologizzata” dei loft e degli uomini soli al comando, dei “mi consenta” urlati a reti unificate”, delle “pacificazioni nazionali” create attraverso il classico colpo di spugna.
Ma davvero ha ragione Bocca? Davvero la cancellazione della sinistra conseguente alla creazione del PD ha segnato la fine della nostra storia? Davvero la stagione politica che attualmente attraversiamo conferma la sconfitta morale dei Gramsci, dei Pertini, dei Rosselli e dei Gobetti e di tutti quanti opposero la forza delle loro idee e della loro “sola e puerile voce “ all’imperversare delle squadre della morte? Davvero il fantasma del Revisionismo può alterare in via definitiva quello che è stato il reale corso degli eventi?
Forse. Ma forse no: il tracollo subito alle ultime elezioni dai teorici del “ma-anchismo” veltroniano e dal cartello dell’Arcobaleno non può avere determinato la sparizione di quella “sinistra diffusa” che da sempre rappresenta la parte più viva e vitale della società italiana. Spetta dunque a questa componente della società civile affermare l’attualità dei valori dell’antifascismo costituzionale in confronto di quanti intendono intitolare strade ai fautori del “mito della razza”; spetta a questa componente della società civile il compito di fermare la marea nera, ridestando il Paese intero dal “sonno della ragione” in cui sembra precipitato la notte del 14 aprile; spetta a questa componente della società civile difendere dalle tenebre imposte dal fantasma del Revisionismo quella sorta di ideale monumento alla libertà che, ricorrendo alle parole di Pietro Calamandrei, “si chiama, ora e sempre, Resistenza”.
Carlo Dore jr.
Se Karl Marx avesse la possibilità di esprimere un giudizio sull’attuale situazione politica in Italia, non esiterebbe a rilevare che un fantasma si aggira da quasi vent’anni per il nostro Paese: è il fantasma del Revisionismo, un fantasma capace di obliterare nel nuovo calderone della “pacificazione nazionale”alcune delle più significative pagine della Storia del ‘900, di trasformare su due piedi i martiri in carnefici, i dittatori in politici illuminati, gli squadristi delle Brigate Nere in onesti difensori di una “rispettabile, anche se non condivisibile” corrente di pensiero.
Tuttavia, se inizialmente le apparizioni di questo strano fantasma si erano esaurite nelle tristi cerimonie di commemorazione dei “ragazzi di Salò” e nelle infondate teorie di qualche giornalista riscopertosi paladino del “sangue dei vinti”, il ritorno delle destre al potere sembra avere disvelato il vero volto dello spettro tanto a lungo alimentato dai nostalgici del Ventennio fascista.
Ora, dinanzi alla parata di saluti romani e croci celtiche che ha accompagnato la marcia di Alemanno verso il Campidoglio, dinanzi alla proposta avanzata dallo stesso ex leader della Destra Sociale di intitolare una strada della Capitale a Giorgio Almirante (storico fondatore del MSI nonché Capo di Gabinetto del Ministro Mezzasoma durante la Repubblica Sociale), dinanzi al rigurgito di puro estremismo che sembra animare le nuove ronde dei cultori della “sicurezza fatta in casa”, una domanda sorge spontanea: possibile che, dalla Garbatella all’Arena di Verona, la “marea nera” a cui faceva riferimento D’Alema in una delle sue ultime interviste stia lentamente – e nell’indifferenza generale – sommergendo l’Italia? Possibile che lo sparuto drappello di camice nere guidato alla conquista del Pianeta Rosso dal mitico gerarca Barbagli (personaggio cult delle trasmissioni di Corrado Guzzanti) abbia deciso di fare ritorno da Marte per riconquistare un posto al sole di Roma?
La più convincente risposta a tale interrogativo è stata fornita da Giorgio Bocca attraverso le pagine de “l’Unità”: i fascisti non sono semplicemente sbarcati da Marte, i fascisti, secondo il partigiano-scrittore, “si sono riciclati, hanno il potere, sono tornati in forze, e, come hanno detto, non si sentono più figli di un Dio minore”. Non deve quindi stupire più di tanto il tentativo di Alemanno di intitolare una via della Città Eterna ad un sostenitore delle leggi razziali, né possono provocare particolare meraviglia le affermazioni di un vecchio imprenditore dal passato discutibile che quotidianamente dichiara la sua “genetica appartenenza” alla cultura del Ventennio.
No, a destare sincero sconcerto è la rinuncia da parte della sinistra ad esercitare il proprio tradizionale ruolo di garante dei valori dell’antifascismo consacrati nella Carta Fondamentale, rinuncia confermata tanto dalle ben note frasi di Violante sui “caduti della RSI” quanto dalle incertezze dimostrate dai compilatori del manifesto del Partito Democratico nell’individuare la base storica fondante del nuovo soggetto politico nella Resistenza e nella lotta partigiana. In questo senso, le riflessioni di Giorgio Bocca suonano davvero come una condanna inappellabile: “la sinistra? Perché, c’è ancora la sinistra? Ho l’impressione che pur di campare la sinistra, o quel che rimane, sia disposta a tutto. Bisogna mangiare nella greppia del potere per tirare avanti”.
Sinistra, antifascismo, lotta partigiana: sono i valori a cui tre generazioni di progressisti italiani hanno ispirato la loro formazione ideologica, e sono i valori che oggi rischiano di essere sacrificati sull’altare della mediaticissima “politica deideologizzata” dei loft e degli uomini soli al comando, dei “mi consenta” urlati a reti unificate”, delle “pacificazioni nazionali” create attraverso il classico colpo di spugna.
Ma davvero ha ragione Bocca? Davvero la cancellazione della sinistra conseguente alla creazione del PD ha segnato la fine della nostra storia? Davvero la stagione politica che attualmente attraversiamo conferma la sconfitta morale dei Gramsci, dei Pertini, dei Rosselli e dei Gobetti e di tutti quanti opposero la forza delle loro idee e della loro “sola e puerile voce “ all’imperversare delle squadre della morte? Davvero il fantasma del Revisionismo può alterare in via definitiva quello che è stato il reale corso degli eventi?
Forse. Ma forse no: il tracollo subito alle ultime elezioni dai teorici del “ma-anchismo” veltroniano e dal cartello dell’Arcobaleno non può avere determinato la sparizione di quella “sinistra diffusa” che da sempre rappresenta la parte più viva e vitale della società italiana. Spetta dunque a questa componente della società civile affermare l’attualità dei valori dell’antifascismo costituzionale in confronto di quanti intendono intitolare strade ai fautori del “mito della razza”; spetta a questa componente della società civile il compito di fermare la marea nera, ridestando il Paese intero dal “sonno della ragione” in cui sembra precipitato la notte del 14 aprile; spetta a questa componente della società civile difendere dalle tenebre imposte dal fantasma del Revisionismo quella sorta di ideale monumento alla libertà che, ricorrendo alle parole di Pietro Calamandrei, “si chiama, ora e sempre, Resistenza”.
Carlo Dore jr.
Nessun commento:
Posta un commento