IL FUNAMBOLO TRISTE
Nella cornice dorata di un importante vertice parigino, il Funambolo triste propone alla stampa internazionale la consueta maschera fatta di sorrisi da venditore e ruggiti da caimano, immancabile substrato scenico del numero volto ad identificare nei giornali “di sinistra” e nell’opposizione “criminale ed anti-italiana” il vulnus che paralizza un Paese senza più fiato.
I cronisti di tutta Europa prendono nota, e si scambiano sguardi sempre più perplessi: l’opinione pubblica del Vecchio Continente è infatti concorde nel descrivere l’Italia come una zattera che si trova al centro della tempesta del secolo, affidata ad un nocchiero senza bussola ed ebbro di potere e privilegi: una zattera destinata ad affondare nel gorgo di un debito pubblico incontrollabile, arenata nelle secche di una crescita inesistente, saccheggiata senza ritegno da una variegata compagine di cricche di varia composizione ed estrazione, che fino a ieri banchettavano impunemente alla tavola del Sovrano. Il timone gira a vuoto, il naufragio è prossimo: che fa il nocchiero?
Ai dubbi di Bruxelles, alle istanze della BCE, il premier contrappone il gioco del funambolo triste: tenta di annacquare le indegne parole che emergono dai brogliacci delle sue conversazioni notturne nella minaccia di una nuova riforma delle intercettazioni; tratta le tasse come i fazzoletti colorati che scompaiono nel cappello del prestigiatore; esalta per l’ennesima volta la sua fama di protagonista indiscusso delle “cene eleganti” consumate tra la magione di Arcore e le dependance dell’Olgettina.
Ma le luci si spengono, il numero volge al termine, il sorriso del funambolo si spezza in un’impietosa rete di rughe, la sua mano è stanca e malferma. Cade il contributo di solidarietà, non si toccano i capitali scudati, la riduzione del numero dei parlamentari e l’abolizione delle province viene consegnata alle Calende Greche di un’improbabile riforma costituzionale. Niente determinazioni da “socialismo reale”, niente “tasse alla Visco”: l’approvazione delle misure “lacrime e sangue” spetta all’opposizione criminale. Le onde continuano, Tremonti annaspa, la Lega tuona dal pratone di Pontida: chi deve gestire la politica economica di questo povero Paese? Chi deve guidare l’Italia fuori dalla bufera?
E’ colpa dell’opposizione anti-italiana, del sindacato irresponsabile, della stampa catastrofista. Dal palco della Festa di Pesaro, Bersani ascolta e scuote la testa: la dimensione del funambolo triste proprio non gli appartiene. Alle ombre che si allungano su pezzi importanti del suo partito risponde con serena fermezza: non ci sono privilegi, si accerti la verità, e chi ha sbagliato paghi; alla crisi che incombe, oppone misure ispirate a buon senso ed equità: tassazione dei capitali rientrati in Italia grazie allo scudo fiscale, tassazione dei grandi patrimoni immobiliari, tracciabilità dei pagamenti, concreta razionalizzazione dei costi della politica; alle critiche di alcuni autorevoli commentatori, replica con un semplice: ragioniamo insieme. Rigore, onestà, concretezza dialogo: sono i pilastri sui cui è costruita l’alternativa democratica, le coordinate della rotta per portare la zattera in acque sicure. Rigore, onestà, concretezza, dialogo. Parte implacabile la contraerea del centro-destra, affidata alle note di Gasparri e Cicchitto: morte alla demagogia post-comunista, l’opposizione e la CGIL lavorano solo per la crisi di governo.
Sulla conferenza stampa cala il sipario: i cronisti dei principali quotidiani europei spengono i computer, chiudono i taccuini e guadagnano rapidamente l’uscita della sala: il numero del funambolo triste ha un brutto sapore di già visto. Cicchitto e Gasparri, il pratone di Pontida, le tasse che compaiono e scompaiono, gli attacchi all’opposizione: la loro opinione iniziale appare sempre più corretta, l’Italia naufraga sotto la guida del nocchiero ebbro e disorientato, affonda sotto le invettive del funambolo triste. Le misure lacrime e sangue spetteranno alla sinistra irresponsabile: per ritrovare la rotta dopo il momento buio, per riportare la zattera fuori dalla bufera.
Carlo Dore jr.
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