L’esercito
dei morti sfilerà per le strade d’Italia come ogni 25 aprile, più forte di ogni
tentativo di revisione, più forte di ogni operazione diretta a creare una
memoria condivisa attraverso la promiscua sovrapposizione di vittime e
carnefici, più forte di ogni colpo di spugna presentato come programma di
pacificazione nazionale. L’esercito dei morti sfilerà ancora, con il suo
insieme di bandiere, canzoni, storie e ricordi: sfileranno le immagini di
Pertini e di Gramsci, di Lussu e Gobetti, dei fratelli Cervi e di Giaime
Pintor; sfileranno di nuovo, lungo i grandi viali della storia: per ricordarci
da dove veniamo, per ribadire ancora una volta come lo sguardo rivolto al
futuro non può che risultare alterato dalla falsa rappresentazione del passato
più o meno recente.
L’esercito
dei morti sfilerà per noi, che saremo per le strade come ogni 25 aprile: per
entusiasmarci ancora, con le bandiere e la Costituzione in mano; per
entusiasmarci ancora, con il dolcissimo sapore che lasciano le note di “Bella
ciao” intonate in punta di labbra. Sì, ci entusiasmeremo ancora,
riappropriandoci della nostra dimensione di democratici autentici, figlia
legittima di una storia che non vogliamo né rivedere, né dimenticare. Ci
entusiasmeremo ancora, ma guarderemo quelle strade, e forse scopriremo di
essere sempre in meno ad accompagnare l’incedere dell’esercito dei morti.
Cercheremo i compagni di un tempo, quelli che sfilavano con noi quando il 25
aprile davvero riempiva piazze e cuori. Li cercheremo, e finiremo col
chiederci: dove sono, ora? Dove sono, tutti quanti?
La
risposta risuonerà come uno schiaffo, attraverso un manifesto flagellato dal
primo sole della festa d’aprile, attraverso le pagine di un blog, o attraverso le
parole affidate alle copertine dei TG: la risposta si tradurrà nel sorriso
accativante di un giovane dal ciuffo ribelle, o negli occhi spiritati di un
giullare prestato alla politica, che promette epurazioni di massa e che invoca
la versione 2.0. della Marcia su Roma. Ecco dove sono finiti, i compagni di un
tempo: inghiottititi dal culto dell’Uomo forte, risucchiati nel buco nero di un
post-ideologismo che sacrifica ora sull’altare del rinnovamento sempre e
comunque, ora su quello della protesta ad ogni costo le grandi passioni, gli slanci
intellettuali, le radici culturali che da sempre animano i progetti politici di
ampio respiro.
Le
differenze si obliterano in ragione delle “nuove esigenze della società che
cambia”, la fidelizzazione al capo politico travolge in un battito di ciglia il
“metodo democratico” che dovrebbe contraddistinguere il funzionamento dei
partiti dell’arco costituzionale, la stessa Carta Fondamentale – principale
prodotto della lotta di liberazione -
rischia di essere “rottamata” dai protagonisti della nuova modernità. E
la rivendicazione dei grandi ideali, il senso di appartenenza ad una storia
comune, la necessaria ed irrinunciabile pratica del “vizio della memoria”
vengono degradati a vuote astrazioni da professoroni alteri, a oziosa litania
celebrativa dell’esercito dei morti.
Guarderemo
quelle strade sempre meno affollate, allora: e non potremo non sentirci un po’
più soli, smarriti nel bel mezzo di questa maledetta epoca sbagliata.
Guarderemo quelle strade, svuotate da comici rivoluzionari e da giovani
depositari delle chiavi del futuro, ma forse la nostra solitudine troverà un
minimo di conforto nella celebrazione dell’esercito dei morti: il buco nero del
post-ideologismo non ci ha inghiottiti, abbiamo un ricordo da celebrare,
abbiamo una storia da raccontare, abbiamo dei progetti da spendere in faccia ai
diktat dell’Uomo forte. Perché l’esercito dei morti continua a sfilare per i
viali della Storia, perché il pensiero e l’esempio dei Pertini, dei Gramsci,
dei Lussu e dei Cervi risulta ancora più vivo e vitale dei tweet sparati sulla
rete degli attori che calcano la scena della politica attuale. E perché noi
siamo ancora in strada, ad entusiasmarci per il passaggio dell’esercito dei
morti, e ad accompagnarne l’incedere gridando: “ora e sempre, resistenza”.
Carlo
Dore jr.
(cagliari.globalist.it)
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