giovedì, aprile 06, 2006


LA PAURA DEL CAIMANO
- breve cronaca di una giornata da ricordare –


Cagliari accoglie Romano Prodi mostrando la sua luce migliore, quella di un tiepido sole d’aprile capace di rendere più brillanti i colori delle centinaia di bandiere che riempiono la principale piazza della città, da sempre sede privilegiata per le adunate della destra più o meno estrema.
Mentre risuonano dagli altoparlanti collocati accanto al palco le note della “Canzone Popolare” di Ivano Fossati (storico inno dell’Ulivo fin dalle elezioni del 1996), una leggera brezza porta con sé il flebile eco delle invettive appena scagliate da Berlusconi in occasione di una delle sue ultime passerelle nella sala stampa di Palazzo Chigi.
La colonna sonora che scandisce il monologo del Caimano è lenta e prevedibile: l’ennesimo attacco ai magistrati politicizzati ed alla stampa di regime precede l’altrettanto abusata denuncia del pericolo in cui versa la nostra democrazia, minacciate dalle orde cosacche che incombono agguerrite e terribili sul sagrato di San Pietro.
I militanti del centro-sinistra incassano e sorridono, compiaciuti ed indifferenti. I deliri verbali con cui il Cavaliere è ormai solito animare la cronaca politica possono essere interpretati solamente in un modo: non si può più avere paura del Caimano , ora è il Caimano ad avere paura.
Ha paura di Renato Soru, che liquida con una semplice battuta il già descritto spauracchio rosso, ricordando il contributo imprescindibile che le forze della sinistra tradizionale hanno fornito, attraverso la Resistenza al nazifascismo e la partecipazione all’Assemblea Costituente, per la creazione di un ordinamento democratico degno di tale nome.
E quando il Presidente della Giunta regionale rileva che le “avvisaglie di un regime” possono essere individuate esattamente nella limitazione della libertà di espressione, nello svilimento delle istituzioni di garanzia, nella violazione del principio della separazione dei poteri, i tanti momenti bui che hanno caratterizzato gli ultimi cinque anni scorrono dinanzi agli occhi dei presenti come gli spezzoni di un brutto film giunto finalmente ai titoli di coda.
Ma il terrore che attanaglia il Demiurgo di Arcore cresce vertiginosamente di fronte all’implacabile incedere di Prodi, capace di dire qualcosa di sinistra attraverso la prospettazione di un modello sociale in cui la stabilità del lavoro non rappresenti più una rara eccezione ma una condizione di assoluta normalità, in cui la centralità della scuola pubblica rispetto alla scuola privata costituisca un valore indiscutibile, ed in cui a tutti i cittadini vengano offerte le stesse opportunità, indipendentemente dalla condizione economica che li caratterizza e dalla appartenenza a un determinato gruppo di potere.
Nella convinzione di trovarsi di fronte non ad un altro libro dei sogni ma ad un progetto di governo concretamente attuabile, il popolo del centro – sinistra, pervaso dallo stesso entusiasmo percepibile prima della vittoria del 1996, celebra la conclusione di questa estenuante campagna elettorale con un lungo applauso, che sovrasta le ultime parole del Professore unitamente alle note della canzone di Fossati.
La speranza è che l’eco di una simile ovazione giunga, trascinato dal vento di ponente, fino alle dorate stanze di Palazzo Grazioli, dove il Caimano predispone il suo ultimo monologo: questo applauso rappresenta infatti l’espressione della volontà della parte migliore di questo Paese, la cui determinazione a porre fine ad un inverno lungo cinque anni risulta più forte di insulti, promesse mirabolanti e minacce più o meno velate. Per questa Italia la primavera, forse, è davvero arrivata.

Carlo Dore jr.

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