domenica, aprile 02, 2006


Lettera aperta a Pietro Maurandi,
Deputato DS

Caro Maurandi:

ho seguito con grande attenzione le vicende che hanno caratterizzato la sua esclusione dalle liste dei candidati proposte dai DS per le prossime elezioni politiche. Per questo, con particolare riferimento agli argomenti espressi nel Suo ultimo intervento, ho deciso di proporre alcune mie considerazioni in merito a tali vicende.
Premesso che non è mia intenzione esprimere in questa sede alcuna valutazione in ordine alla Sua attività di parlamentare, sono praticamente certo del fatto che (considerati anche gli episodi grotteschi e tragicomici che quotidianamente animano l’attività delle Camere) non può essersi macchiato di alcuna colpa politica tanto grave da rendere giustificabile sul piano del merito la decisione assunta nei suoi confronti.
In ogni caso, dalla mia posizione di semplice militante, non posso che condividere la sua delusione per la scarsa credibilità ed il basso profilo che nel complesso caratterizza la rosa di candidati scelta dai vertici locali del nostro Partito, forti della evidente consapevolezza di poter contare sul mio voto ( e su quello di tanti altri elettori che si trovano nella mia stessa condizione) esclusivamente in ragione della necessità di frenare la bieca calata dei lanzichenecchi provenienti da Villa Certosa.
Costituisce una verità tristemente incontrovertibile l’affermazione secondo cui la struttura locale dei DS risulta attualmente basata sull’imperversare di alcuni ben noti personaggi ormai logori e privi di carisma, i quali però vengono puntualmente imposti all’elettorato malgrado i tanti rovesci riportati durante il loro eterno cursus honorum.
Aderendo orgogliosamente ai valori ed ai principi della sinistra tradizionale (quella che trova in Gramsci e Berlinguer, Allende e Giorgio Amendola non solo un immagine da utilizzare durante la campagna elettorale, ma un costante ed indefettibile modello di ispirazione), non nego però di sentirmi sempre meno rappresentato dal partito che di questi principi dovrebbe costituire la massima espressione, anche e soprattutto a causa di determinazioni di tenore analogo a quella che direttamente la riguarda.
Le malformazioni strutturali cui ho precedentemente fatto cenno hanno infatti imposto ai DS di conformarsi a ben precise logiche di spartizione dei posti di potere, precludendo l’attuazione di una linea politica diretta al perseguimento di quella necessaria opera di moralizzazione sociale ed organizzativa che era lecito attendersi dall’ascesa dell’Unione al governo delle principali istituzioni isolane.
Se si escludono infatti alcune illuminate valutazioni in questo senso assunte da Renato Soru (capace di debellare almeno parzialmente il faraonico complesso di inutili ciambellani, ambasciatori da operetta, manager di dubbia fama ed impiegati privi di mansioni effettive che gravava come un macigno sul bilancio della Regione), non si è avvertita quella reale scossa, quel radicale cambiamento nel modo di governare di cui la Sardegna aveva disperatamente bisogno dopo gli anni di reggenza dei propretori del Cavaliere di Arcore.
Le determinazioni di tipo clientelare e i giochi di palazzo sono tuttora tristemente rilevabili nell’ambito della nostra piccola realtà, malgrado le aspirazioni del popolo progressista risultino dirette alla creazione di una classe dirigente di alta qualità morale e politica, capace di collocarsi in una posizione di forte discontinuità con le nefandezze del recente passato, emarginando una volta per sempre le tante logge di parveneau allevate dal regime berlusconiano.
Posto che probabilmente Lei è stato vittima di una di queste determinazioni, pagando a caro prezzo il fatto di non risultare afferente ad un determinato potentato, il famoso richiamo alla “questione morale” realizzato dall’intempestivo e maldestro Parisi potrebbe assumere una sua paradossale logica a livello locale.
All’indomani della (si spera) prossima vittoria elettorale, sarà infatti a mio avviso necessario procedere ad un effettivo e reale rinnovamento del gruppo dirigente del nostro partito: occorre infatti che i DS recuperino la loro identità di forza della sinistra tradizionale, imponendo agli esponenti preposti all’esercizio di cariche di governo di operare nel rispetto di quel già descritto insieme di principi e valori a cui la più consistente parte della base ancora si ispira. Se una simile opera di rinnovamento verrà attuata in maniera decisa, quel modello di classe dirigente a cui ho prima fatto riferimento cesserà di essere una mera astrazione, assumendo i connotati tipici di una effettiva realtà di cambiamento.
A questo disegno innovatore avremo, spero, modo di contribuire entrambi.

Con stima,
Carlo Dore jr.

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