Io
sto con Giancarlo Caselli: lo scrissi nel 2005, quando la più infame delle
leggi ad personam sbarrò di fatto
l’accesso alla procura nazionale antimafia al magistrato che più di ogni altro
aveva saputo interpretare la sete di “reazione civile” di un Paese lacerato
dalle stragi di Capaci e Via d’Amelio. Io sto con Giancarlo Caselli: lo scrivo
oggi, mentre il Procuratore della Repubblica di Torino formalizza le sue
dimissioni da Magistratura democratica. La nota di Erri De Luca sull’edizione
del 2014 dell’agenda di MD (fino ad oggi, oggetto immancabile sulla scrivania
di ogni giurista democratico) è stata troppo per lui; un peana della sinistra extraparalmentare, a firma di uno dei più
accesi sostenitori del movimento NO TAV, proprio sull’agenda della corrente che
aveva contribuito a fondare è risultata indigeribile per il PM che della lotta
al terrorismo aveva fatto la sua prima bandiera.
Penna
dissacrante e intellettuale sognatore, De Luca ricorre al mito di Orfeo ed
Euridice per descrivere il percorso culturale compiuto da alcuni eredi del ’68:
la volontà di perseguire un puro ideale di giustizia avrebbe spinto una
generazione intera a scontrarsi con il potere costituito, ad esporsi ad una
brutale criminalizzazione di massa, a dare vita persino ad una “guerra civile a
bassa intensità”, figlia illegittima del tentativo di cambiare “i connotati del
nostro paese nelle fabbriche, nelle prigioni, nei ranghi dell’esercito, nelle
aule scolastiche e delle università”.
Dagli
accessi più reconditi di un passato mai del tutto dimenticato, riaffiorano i
miti delle BR rappresentate come Zorro, Robin Hood e compagni che sbagliano:
Orfeo attaccava il cuore dello Stato, per sacrificarlo su quell’altare di
giustizia in cui identificava la sua Euridice, l’Euridice di una “generazione
di politica appassionata di giustizia, perciò innamorata di lei al punto di
imbracciare le armi per ottenerla”.
E’
troppo, per chi di quella stagione è stato non semplice testimone, ma
principale protagonista; è troppo, per ogni giurista democratico che trova
nell’ordinamento costituzionale la risposta alla sua sete di uguaglianza. E’
troppo: Caselli lascia MD, l’agenda scompare dal suo e dal mio tavolo. Perché
io sto con Giancarlo Caselli.
E’
complessa, la realtà dell’Italia proiettata verso gli anni ’70, e Zorro, Robin
Hood e i “compagni che sbagliano” raccontano una storia molto diversa da quella
cristallizzata nel mito di Orfeo e Euridice: è una storia di fuoco e di regole,
di pallottole e processi, di guardie di ladri, di eroi e carnefici. E’ la
storia della dignità di Fulvio Croce, presidente dell’ordine degli avvocati di
Torino assassinato per la sua scelta di svolgere il ruolo di difensore
d’ufficio nel primo processo contro le BR; è la storia di Adelaide Aglietta, e
del suo coraggioso tentativo di spezzare il clima del terrore imposto dalle P38
espletando il compito di giudice popolare nell’ambito di quello stesso
processo; è la storia di Emilio Alessandrini e Guido Galli, caduti entrambi con
il codice in mano sotto i proiettili di Prima Linea; è la storia di Bruno
Caccia e di Carlo Alberto dalla Chiesa, e della loro capacità di imporre la
forza dello stato sullo stato della forza; è la storia di tutti i giuristi
democratici che sempre hanno condiviso le battaglie per la legalità e per
l’indipendenza della magistratura intraprese da MD. E’ la storia di Giancarlo
Caselli: ed io sto con lui.
Le
parole di De Luca fanno pensare e fanno sognare: la ricerca dell’Euridice di un
Paese diverso, più giusto, più eguale. In una parola, più democratico. Quel
Paese che l’Italia non è stata ma che forse avrebbe potuto essere, se il
dialogo tra masse socialiste e masse cattoliche avesse trovato il suo normale
epilogo; se la strategia di cambiamento elaborata da Moro e Berlinguer non fosse
stata seppellita sotto il sudario insanguinato della Renault rossa in Via
Caetani; se Zorro, Robin Hood e i compagni che sbagliano non si fossero
rivelati parte integrante di quel grumo di potere che – seguendo le trame
dipanatesi tra Roma, Mosca e Washington – si mobilitò per salvaguardare le
logiche del mondo spaccato in blocchi, gli equilibri che presiedevano al
funzionamento della democrazia incompiuta.
Le
parole di De Luca fanno pensare e fanno sognare: ma il mito di Orfeo ed
Euridice può valere solo a descrivere la condizione di quanti, per amore della
giustizia, sono pronti ad impugnare il codice, non le armi; di quanti,
condividendo le posizioni di MD, si sono sempre battuti per inseguire il sogno
di un Paese liberato dalla rete di privilegi ed impunità che costituiva la ratio delle leggi ad personam; di quanti, dal 2005 ad oggi, non hanno mai smesso di
affermare: “Io sto con Giancarlo Caselli”.
Carlo Dore jr.
cagliari.globalist.it
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