domenica, luglio 02, 2006


PARTITO DEMOCRATICO: LE RAGIONI DEL “NO”


In coincidenza con le prime tensioni manifestatesi nella maggioranza di governo in ordine ad alcune scelte assunte dall’Esecutivo in materia di politica estera e di strategia economica, il problema relativo alla collocazione del futuro partito democratico torna prepotentemente al centro del dibattito in corso all’interno della sinistra italiana.
Mentre Gavino Angius ha rilevato la gestione “eccessivamente oligarchica” dei principali momenti in base ai quali è stata scandita la transizione verso il nuovo soggetto politico, il leaders del Correntone Salvi e Mussi non hanno esitato a prospettare l’eventualità di una scissione qualora la suddetta fase di transizione non venga resa oggetto di un aperto confronto in sede congressuale.
Le preoccupazioni manifestate dalla componente più radicale dei DS non sono state però recepite dal Presidente della Provincia di Cagliari Graziano Milia, il quale, fedele al ruolo di moderato riformista che ormai lo contraddistingue, ha recentemente ribadito l’impegno del centro-sinistra sardo per l’attuazione del disegno volto a determinare la tanto sospirata fusione tra la Margherita e la Quercia.
Orbene, proprio i concetti di oligarchia e di progetto politico rappresentano, a mio modesto avviso, i cardini su cui risulta impostato il dibattito a cui si è fatto inizialmente riferimento. Da un punto di vista strettamente ideologico, molteplici sono i fattori che alimentano le perplessità relative alla realizzazione del progetto del partito democratico: in primo luogo, non si comprende infatti su quale base è possibile impostare la coesistenza, all’interno di una formazione unitaria, tra soggetti che sono espressione di realtà a tal punto distanti da rendere problematica persino la quotidiana stabilità di una semplice coalizione.
In secondo luogo, considerato che la guida del nuovo partito verrà fatalmente assunta da esponenti riconducibili all’ala moderata del centro-sinistra attuale, non si può non rilevare come l’operazione che si esamina priverebbe la politica italiana di un movimento saldamente ancorato ai principi del socialismo europeo, in grado di farsi portatore (con riferimento ai grandi temi della giustizia, della pace, del lavoro, della laicità dello Stato, dell’istruzione e della ricerca scientifica) delle istanze costantemente proposte da quell’ampia fascia di elettorato che, pur non identificandosi nelle degenerazioni estremiste proprie di alcune frange di Rifondazione Comunista, continua a riconoscersi nei valori della sinistra tradizionale.
Resa in questi termini palese l’assoluta mancanza di logica che caratterizza il disegno unitario perseguito con tanta ostinazione dai vertici diessini, la perdita di consensi subita dalla Quercia negli ultimi dieci anni sembra confermare la tendenza dei militanti non collegati ad alcun centro di potere a prendere le distanze dalla più volte descritta deriva moderata in cui il Partito sembra ormai irreversibilmente coinvolto.
Ma è proprio alla luce di quest’ultimo dato che il concetto di oligarchia riemerge in tutta la sua prepotente evidenza: l’idea del superamento dell’identità socialista, della creazione di un nuovo partito di chiara estrazione moderata sembra essere lo strumento perfetto per giustificare l’adesione ad una linea politica che si rivela ogni giorno sempre più lontana da quelli che sono i principi di solidarietà, rigore e giustizia sociale a cui la Sinistra da sempre si ispira.
Derivando da una serie di valutazioni assunte nel segreto delle tanto vagheggiate stanze del potere, il Partito Democratico è destinato ad abbattersi sul popolo progressista come una valanga: spetta ora alla base l’onere di prendere le distanze da una strategia che sembra allontanare in via definitiva la struttura dei DS dal popolo che la sostiene. Messi di fronte ad una scelta che rischia di determinare il venire meno del principale partito della sinistra italiana, i militanti hanno infatti il dovere di ribadire ancora una volta che l’identità socialista ed i valori su cui essa di fonda non possono costituire oggetto discussione.

Carlo Dore jr.

2 commenti:

Massimo Marini ha detto...

Il Partito Democratico, mio caro Carlo, non è altro che un tentativo estremo di appiattire le divergenze che giustamente tu sottolinei, verso una posizione univoca e il più possibile moderata. Il motivo è molto semplice: accapparrarsi la "simpatia" dei poteri forti che non si riconoscono nel berlusconismo, e del centro cattolico, senza l'imbarazzante presenza di stelle, garofani, falci e martelli e così via. Le minacce dei leader della Sinistra DS sono un buon segno, tuttavia un po' fini a se stesse: nel senso che andrebbe, con estrema serenità, imboccata la strada di una sorta di "costituente" del nuovo centro sinistra italiano, inevitabilmente composto da due gambe, quella moderata e quella socialista, che insieme potrebbero in modo progressista e moderno reggere le sorti del nostro Paese. Basta con le minacce, con i distinguo, con le divergenze da appianare... Ognuno per la sua strada. Non sarebbe l'ideale alle prossime elezioni avere una coalizione - l'Unione - composta da due forti, distinti, popolari e importanti partiti? Il Partito Democratico con dentro la Margherita, l'Udeur, i Riformisti DS, Di Pietro, Repubblicani Europei... e il Partito Socialista (o magari con qualche altro nome, sarebbe il caso!) con dentro sinistra DS, Comunisti Italiani, Rifondazione, Verdi...
Mah, pure un leader dei Comunisti Italiani Sardi (non mi ricordo il nome) ha lanciato questa ipotesi per la Regione (anche se oggettivamente a solo scopo di contare di più nella spartizione dei nuovi Enti)... vedremo.

Ma secondo te cosa è più improbabile: che Mastella entri nel Partito Democratico o che Rifondazione entri in quello della Sinistra? Per convincere entrambi dovrebbero offrirgli come minimo la segreteria, potere illimitato e assoluto, un trono tutto d'oro e pietre preziose, una pelliccia fatta di pelle di Rutelli (per Mastella) e una di pelle i Occhetto (per Faustino)...

Saluti, in bon'ora
Massimo.

ernesto scontento ha detto...

Il Partito Democratico è una necessità della socità civile!!!!

Non è più possibile andare avanti con il sistema che abbiamo i partiti sono distanti dai cittadini e i cittadini di conseguenza si allontanano dalla politica.

Purtroppo in Italia manca una vera e propria classe dirigente in grdo di essere veramente riformista e progressista.

I valori della sinistra non sono dati al partito da una adesione astratta e riferita al PSE ma sono dati dai comportamenti e dalle politiche che la base in se sarà in grado di dargli......Il mondo è cambiato è anche i valori di riferimento vanno aggiornati.

Essere di sinistra vuol dire essere per l società Responsbile...che forma cittadini Responsabili socilmente, che diventno imprenditori responsabili, plitici responsabili,lavoratori dipendenti responsabili,ecc..ecc....

Tutti quanti vivono all'interno della comunità è l'interese pubblico non è più visto dai politici di turno in base ai valori dell'ttuale partito che governa la comunità...ma l'interesse pubblico è il rispetto delle regole comuni che comunemente e liberamente abbiamo scelto come membri della comunità.

La società Responsabile socialmente per raggiungere gli obbiettivi preposti nel giusto equilibrio fra costi e servizi..premia la meritocrazia ( e non come accade oggi gli amici degli amici dove i figli dei politici e i baroni sono raccomandati a discapito dei figli degli operai che non conoscono nessuno, MA SI SONO SACRIFICATI PER FAR STUDIARE I LORO RGAZZI)

Io ho sintetizato i concetti ma se sei interessato ad approfondire o a dialogare rispondi al commento qui.

ernesto scontento