sabato, marzo 03, 2007


DODICI PUNTI, MA UNA SOLA PRIORITA’: PRODI ASCOLTI IL POPOLO DELLA SINISTRA.

Passata la grande paura conseguente all’apertura della crisi di governo, per il centro-sinistra è giunto il momento delle riflessioni: Romano Prodi ha scelto di ricompattare la sua maggioranza sulla base di un documento programmatico di “dodici punti” (ispirato essenzialmente ai valori della pace, dell’atlantismo, della tutela della famiglia e del rinnovamento economico), imponendo così alle forze più radicali della coalizione di frenare le pulsioni estremiste che talvolta contraddistinguono le scelte di alcune loro componenti.
Per contro, le difficoltà affrontate dall’esecutivo hanno costituito il presupposto utile ai sostenitori del PD per imprimere un’ulteriore accelerazione al progetto volto alla creazione del nuovo soggetto politico, descritto ancora una volta come quel fattore di semplificazione in grado di rilanciare l’immagine dell’Unione e di attribuire maggiore stabilità alla posizione del Premier.
Tuttavia, il presente status quo risulta caratterizzato, pur nella sua apparente linearità, da determinati punti oscuri sui quali vale la pena di spendere alcune considerazioni: non sembra infatti priva di fondamento l’affermazione secondo cui le candide anime riformiste della coalizione hanno sfruttato le inqualificabili evoluzioni di due dilettanti allo sbaraglio (quali Turigliatto ed il sig. Rossi) per imporre un’ulteriore svolta neocentista alla strategia del Governo. Ora, se questa malevola supposizione si rivelasse esatta, una simile linea di azione non produrrebbe altro effetto che quello di rendere ancor più netta la frattura in atto tra il centro-sinistra ed il suo elettorato, le cui istanze risultano puntualmente disattese dalle forze politiche di riferimento.
Le ben note vicende che hanno fatto seguito alla manifestazione di Vicenza costituiscono un riscontro oggettivo inattaccabile dell’esistenza di una simile frattura: decine di migliaia di militanti di tutti i partiti dell’Ulivo sono scesi in piazza per esternare con pacifica chiarezza la loro contrarietà ad una decisione di politica militare unilateralmente assunta dall’Esecutivo, decisione che risulta ancor più incomprensibile proprio in quanto del tutto coerente con quella triste realtà che -parafrasando Andrea Camilleri – vede tuttora l’Italia “serva di due padroni” come l’America e la Chiesa, anche e soprattutto a causa della rotta seguita negli ultimi cinque anni da “un nocchiero che era meglio perdere che trovare”.
Trincerandosi dietro il contestabile assunto in base al quale “la piazza non è parte integrante della democrazia”, alle indicazioni provenienti dalla componente maggioritaria del popolo della sinistra D’Alema, Prodi, e lo stesso presidente Napolitano hanno ancora una volta opposto l’arma dell’indifferenza, la stessa indifferenza ostentata in confronto di coloro i quali quotidianamente invocano l’abrogazione delle leggi ad personam, la regolamentazione del conflitto di interessi, l’approvazione di misure in grado di contrastare il fenomeno del lavoro precario, l’elaborazione di una riforma della giustizia idonea a mettere i magistrati nelle condizioni di esercitare con indipendenza e autonomia le funzioni che la Carta Costituzionale ad essi riconnette.
Ecco, indipendentemente da quanto stabilito nei “dodici punti” a cui in precedenza si è fatto cenno, il Presidente del Consiglio deve, a mio sommesso avviso, invero perseguire un’unica, grande priorità: egli è infatti chiamato a farsi carico delle istanze che provengono dal suo stesso elettorato, traendo ispirazione dai principi di quel “socialismo gentile” attraverso cui Zapatero è riuscito ad imporre una vera e propria rivoluzione progressista alla rigida società spagnola.
In questo momento infatti la maggioranza di governo è chiamata a fronteggiare una crisi forse più grave di quella esauritasi nell’aula di Palazzo Madama, attraverso le elucubrazioni di Cossiga o le evoluzioni di Turigliatto. E’ una crisi che si consuma giorno per giorno nel Paese, e che trova la sua ragion d’essere nella già descritta incapacità - finora dimostrata dalle forza dell’Unione - di dare seguito a quella politica “di sinistra” di cui la componente principale della società civile da tempo attende l’attuazione. E una crisi di queste proporzioni può essere superata non in forza di un’estenuante battaglia parlamentare all’ultimo voto, ma solo attraverso un’autentica e radicale svolta progressista, coerente con quegli stessi principi del socialismo europeo di cui oggi alcuni esponenti degli Democratici di Sinistra auspicano il definitivo superamento.

Carlo Dore jr.

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