venerdì, febbraio 08, 2013

LA PASSIONE PER LA LEGALITA' E LA NOTTE DELLA REPUBBLICA

Testo dell'intervento programmato nell'ambito dell'iniziativa "Vivere di legalità" in memoria di Peppino Impastato, svoltasi a Cagliari il giorno 8/2/2013

Non è mia intenzione, in questa sede, proporre un ulteriore ricordo di Peppino Impastato, descrivere il suo cammino di coraggio e speranza percorso lungo i "cento passi" che lo separavano dalla casa di don Tano Badalamenti, esaltare la folle lucidità che lo spinse a ribellarsi all'equilibrio omertoso tra "potere sociale" e "potere criminale" in essere tra Cinisi, Palermo e quegli ambienti della politica romana convinti del fatto che “con la Mafia si deve convivere”.

No, vorrei inquadrare la figura di Impastato nell'ambito di un contesto più generale, quello animato dalla perenne contrapposizione tra le "grandi passioni" e "la Notte della Repubblica". La Notte della Repubblica è infatti l'ordito del grandioso "Romanzo criminale" in cui si traduce la storia italiana del dopoguerra: è una notte strana, fatta di strade vuote e di lacrime figlie di sogni spezzati, di Renault rosse e di grandi sussulti democratici, del sangue di leali servitori dello Stato e del silenzio che segue l'esplosione di una bomba.

La Notte della Repubblica copre, la Notte della Repubblica assorbe, la Notte della Repubblica, a volte, uccide.

E' nella più nera Notte della Repubblica, quella del 9 maggio 1978, che Peppino Impastato scompare, vittima consapevole della scelta di non genuflettersi dinanzi ad alcuna Cupola; Peppino muore da solo, nella stessa Notte della Repubblica che avvolge il cadavere di Aldo Moro, colpevole di avere intrapreso un percorso di cambiamento non compatibile con le logiche imperialiste di un Mondo ancora diviso in blocchi. Impastato e Moro, soli nella Notte della Repubblica: lo stesso destino che, un anno dopo, attende Giorgio Ambrosoli, fedele fino all'ultimo alla sua condizione di civil servant chiamato a fare politica "per lo Stato, e non in nome di un partito".

Impastato, Moro e Ambrosoli: se è vero, come sosteneva Rocco Chinnici, che "un unico filo rosso lega tutti i grandi delitti", viene allora da chiedersi quale sia il punto di contatto tra tre personaggi così distanti tra loro per cultura, formazione, collocazione ideologica. Volendo parafrasare le parole del filosofo Remo Bodei, potremmo forse rispondere che questo punto di contatto deve essere individuato nelle grandi passioni: nella "passione rossa" di un comunista anti-sistema come Impastato, e del suo messaggio di ribellione affidato alle onde di Radio Out; nella "passione bianca" di un cattolico democratico come Moro, e del suo tentativo di perseguire la strategia del compromesso in faccia ai rigurgiti reazionari che, in quegli anni,alimentavano la strategia della tensione; nella "passione grigia" di un conservatore come Ambrosoli, e nel suo intendimento di svelare tutte le trame di un sistema finanziario malato, indifferente al prezzo che l’adempimento del suo dovere gli avrebbe imposto di pagare.

Persone diverse, ideali diversi, passioni diverse, unite però da un minimo comune denominatore: la passione per la legalità, la volontà di far prevalere il "potere" fondato sulla legge ed esercitato dalle istituzioni democratiche rispetto al potere inteso (secondo la Corte d'Assise di Milano) come insieme di amicizie influenti, complicità, appoggi politici, disponibilità di denaro, tendenza al ricatto, alla corruzione e all'intimidazione.

Ecco, in una stagione caratterizzata da un generalizzato senso di sfiducia verso le Istituzioni, in cui la bandiera della legalità viene impropriamente ed inopportunamente degradata a mero strumento di moltiplicazione del consenso, l'esempio di Impastato, Moro ed Ambrosoli si colora di un significato nuovo e, se possibile, ancora più intenso: la passione per la legalità non ha bandiere nè colore, e non si presta ad essere piegata a basse esigenze di fazione. La passione per la legalità è la luce che guida persone tra loro lontane nella ricerca di un futuro migliore di questo triste presente, la luce che riesce, da sola, a squarciare per un attimo il velo di tenebra della Notte della Repubblica.

Carlo Dore jr.

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