domenica, agosto 25, 2013

COSTITUZIONALMENTE INACCETTABILE.


Nel redigere il comunicato volto a ribadire l’intendimento del PDL di ostacolare l’applicazione della sentenza di condanna pronunciata nei confronti di Berlusconi, Angelino Alfano ha fatto ricorso ad una nuova (ed invero curiosa) categoria concettuale: quella della “inaccettabilità costituzionale”. La decadenza del Cavaliere dalla carica di senatore – conseguente alle disposizioni del d.lgs. n. 235/2012 (c.d. Legge Severino) – sarebbe “costituzionalmente inaccettabile” in quanto priverebbe di rappresentanza quella fetta di elettorato che, in occasione delle ultime elezioni, ha scelto di accordare ancora una volta la propria fiducia ai partiti di centro destra.
“Costituzionalmente inaccettabile”: la formula, nella sua semplicità, si presta ad una riflessione più approfondita. Come è noto, sul piano strettamente giuridico, la categoria della “inaccettabilità costituzionale” degli effetti di una norma non trova cittadinanza nel nostro ordinamento, il quale viceversa impone di considerare costituzionalmente illegittima una legge (o un atto equiparato) che collida con il disposto della Carta Fondamentale. Tuttavia, sugli eventuali profili di illegittimità costituzionale della Legge Severino gli esponenti del PDL non sono andati oltre generiche enunciazioni di principio: forse in ragione dell’impossibilità, per il Parlamento, di fungere da giudice a quo, sollevando nanti la Consulta la questione di legittimità della norma indubbiata; o forse, per non affrontare dinanzi all’opinione pubblica l’imbarazzo derivante dalla contestazione della costituzionalità di una legge che lo stesso partito di Berlusconi, nella scorsa legislatura, ha contribuito ad approvare.
 
“Costituzionalmente inaccettabile”: la formula di Alfano suona come una dichiarazione di guerra rivolta all’intero sistema istituzionale. Berlusconi ha i voti, dunque non può decadere: pena il venire meno delle larghe intese, la certificazione delle crisi di governo, il concretizzarsi delle elezioni anticipate. Eppure, in quelle due parole, si annida un macroscopico paradosso, probabilmente sfuggito alla penna dello zelante segretario pidiellino: se infatti il concetto di “inaccettabilità costituzionale” non può valere a descrivere una categoria giuridica, esso risulta invece perfettamente idoneo a definire un orientamento culturale, un modo di agire, un disegno politico: l’orientamento culturale, il modo di agire, il disegno politico a cui il comunicato da lui redatto risulta funzionale. Costituzionalmente inaccettabile, in quando imbevuto di una cultura a-costituzionale.

Si pone infatti fuori dalla Costituzione quella forza politica che concepisce il consenso popolare come una sorta di lavacro lustrale in grado di cancellare le conseguenze di qualsiasi reato, neutralizzando financo le conseguenze di una condanna definitiva; si pone fuori dalla Costituzione quel partito che, agitando ossessivamente lo spettro dell’ingovernabilità, vorrebbe imporre al Parlamento, al Governo ed al Presidente della Repubblica di travalicare i limiti dei poteri ad essi conferiti dalla Carta Fondamentale, al solo scopo di assicurare “l’agibilità politica” (altro artificio retorico, utilizzato per delineare i caratteri di una indigeribile condizione di impunità) ad un eccellente pregiudicato; ma soprattutto, si pone  fuori dalla Costituzione quel leader politico che, dopo avere reiteratamente calpestato i fondamentali principi della Carta per assecondare i suoi personali interessi e le proprie esigenze processuali, pretende di rinvenire nella stessa Costituzione il percorso utile ad impedire l’applicazione nei suoi confronti di una norma che egli stesso ha concorso ad approvare.
Ecco allora che – come nel più beffardo dei deja vu – il paradosso insito nel comunicato del PDL emerge in tutta la sua enormità: aliene rispetto al dettato costituzionale non sono infatti le conseguenze derivanti dall’eventuale decadenza di Berlusconi dalla carica di senatore, ma le argomentazioni utilizzate da Alfano per delineare il baratto scellerato tra il salvacondotto al Cavaliere e la sopravvivenza dell’Esecutivo. Non a caso, costituzionalmente inaccettabile.

Carlo Dore jr.
cagliari.globalist.it

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