sabato, giugno 15, 2019

“TITANIC – COME RENZI HA AFFONDATO LA SINISTRA” Chiara Geloni – PaperFirst Editore – pp. 227


Chiudendo idealmente il cerchio della stagione dei “Giorni bugiardi” – scanditi dalla “non vittoria” del 2013, dalla “Notte dei centouno” e dalle conseguenti dimissioni di Bersani dalla segreteria del PD -, Chiara Geloni propone una lucidissima analisi delle varie tappe del naufragio imposto alla sinistra italiana lungo la folle road map della rottamazione. Una fredda ricostruzione del recente passato necessaria per comprendere le tante storture che la quotidiana cronaca parlamentare propone; un pugno nello stomaco di quanti ancora credono nella narrazione della sinistra smart.

E la storia di un naufragio. Perché Titanic soprattutto questo vuole essere: la storia di un naufragio.
Il naufragio di un patrimonio di idee e sentimenti alimentato da mezzo secolo di splendide battaglie democratiche, e cancellato con un tratto di penna dagli oplites di un rinnovamento senza radici; il naufragio di quella che voleva essere una classe dirigente, abbagliata dall’illusione di poter sopperire con pose gladiatorie e battute da gita scolastica alla mancanza di una cultura politica degna di tale nome; il naufragio di un popolo orbato di un riferimento in grado di rappresentarne istanze e posizioni, e gradualmente condannato a disperdersi nel livido oceano dell’irrilevanza.

Ma soprattutto, Titanic è la storia del naufragio di Matteo Renzi, ideale risposta ai tanti interrogativi che “Giorni bugiardi” aveva lasciato per forza di cose in sospeso: chi ha armato i Centouno? Chi ha pensato di colpire Prodi per abbattere Bersani? La risposta arriva dal congresso del PD del 2013, dalla sconfortante immagine della sfida alla playstation tra i due Mattei (Renzi e Orfini), mentre il PD iniziava ad arretrare in tutte le principali città; la risposta arriva dalla defenestrazione di Enrico Letta, sfiduciato con un tweet in luogo del necessario passaggio parlamentare; la risposta arriva dal Patto del Nazareno, con Renzi che entra a Palazzo Chigi forte della benedizione di due padrini del calibro di Silvio Berlusconi e Giorgio Napolitano.

Il doping elettorale delle Europee del 2014 rappresenta il classico Bacio della Morte, da cui si alimenta la pulsione dei protagonisti del CambiaVerso a rottamare quel che restava dell’area democratica –mediante la scientifica recisione di tutti i punti di contatto tra il PD e i suoi tradizionali referenti sociali – sull’altare del Partito della Nazione, formula improvvidamente mutuata dagli scritti di Alfredo Reichlin, e di cui lo storico dirigente del PCI ha fino alla fine dei suoi giorni denunciato lo scorretto utilizzo. Ecco allora il “gettone nell’IPhone”, sberleffo utile a rappresentare la sostanziale marginalità assegnata al tema della tutela del lavoro nella narrazione leopoldina; ecco il “ciaone” agli elettori in occasione del referendum sulle Trivelle; ecco il referendum costituzionale, maldestro e pericoloso tentativo di obliterare, attraverso una scriteriata deriva plebiscitaria, il modello di democrazia tratteggiato dalla Carta Fondamentale a favore di una sorta di confusa e confusionaria egocrazia a bassa intensità.
A nulla sono valse le grida di allarme di quanti, ravvisando la famosa “mucca in corridoio”, segnalavano la marea montante di una destra aggressiva e regressiva; a nulla è servita la riflessione in forza della quale, nel confronto tra una destra che cavalca la tigre del disagio sociale e una sinistra senza identità, la sinistra è fatalmente destinata a soccombere.

“Se mi portano al governo le destre, li vado a cercare”. Le parole di Bersani vengono sommerse dall’orchestrina installata sul ponte del Titanic: il naufragio è compiuto, tra un congresso farlocco e una scissione consumata troppo tardi per arginare la deriva in atto, per proporre una scialuppa di salvataggio all’elettorato progressista in fuga dagli ultimi fuochi della stagione renziana. Il naufragio è compiuto, la sinistra è dispersa nell’oceano dell’irrlievanza, disarmata dalla politica dei popcorn dinanzi ai rigurgiti reazionari cristallizzati nel contratto gialloverde.
Rimane solo lo spazio per una recriminazione e per una speranza, affidata ancora una volta alla postfazione di Bersani: il relitto del PD renziano rappresenta ancora oggi la zavorra che impedisce alla sinistra di riprendere il suo viaggio, un viaggio che avrebbe potuto essere diverso se il Comandante del Titanic non avesse voluto lanciare la nave nella sua folle corsa contro gli iceberg di una Waterloo annunciata. Ma quel popolo senza riferimenti non può restare per sempre in mezzo al mare: prima o poi, qualcuno, a costo di sacrificare la retorica della “comunità”, troverà la forza per elaborare una proposta che tenga conto di errori e responsabilità; prima o poi, qualcuno sentirà il bisogno di creare non un generico “fronte contro i populismi”, ma di declinare un’alternativa ideologicamente connotata alla destra che avanza; prima o poi, la sinistra riprenderà il suo viaggio. Ma occorre fare in fretta: perché ora che il Titanic è affondato, davanti a noi c’è solo il mare aperto.

Carlo Dore jr.

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