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La
scena, costruita a beneficio dell’immancabile diretta Facebook, è quella di una
strada intiepidita dal primo sole di una domenica di primavera, nella quale un
uomo intima ai pochi ciclisti che hanno colpevolmente deciso di violare la
quarantena di riparare il più rapidamente possibile tra le mura domestiche, in
ragione dell’incontestabile assunto secondo cui “quelli che sono rimasti a casa
non sono mica stupidi”. Quell’uomo non è un carabiniere, un poliziotto, una
guardia comunale, un appartenete alle varie forze dell’ordine generosamente
mobilitate sul territorio nazionale in questi giorni di quarantena: è il
Sindaco di Bari, che richiama i suoi concittadini al rispetto delle regole,
strappando like sui social e applausi dai balconi.
Ma
quando gli applausi si attenuano, quando i followers decidono di procedere al
fatidico “disconnetti”, il tarlo di una domanda inizia ad insinuarsi, nel
silenzio imposto dal lockdown: perché il Sindaco di Bari si trova su quella
strada intiepidita? A che titolo vuole controllare che “gli sforzi fatti non
venissero vanificati”? E se ha ravvisato delle irregolarità, perché non procede
a contattare le forze di polizia, invece di affidare la sua sfuriata ai
consueti canali social? La risposta, quasi scontata, risiede nelle tre parole
che rimbalzano nella testa degli Italiani da quel maledetto nove marzo: siamo
in emergenza. Siamo in emergenza, e l’emergenza richiede prese di posizione
eccezionali.
E’
dunque l’emergenza che giustifica le parole del Presidente De Luca, giunto ad invocare
l’uso dei lanciafiamme verso i trasgressori del divieto di assembramento; è
l’emergenza che ispira i cartelloni mediante i quali il Sindaco di Cagliari
paventa sciagure in danno dei congiunti di coloro che dovessero cedere alla
tentazione di una spesa non necessaria o di una passeggiata malandrina. E’
l’emergenza, in definitiva, che alimenta l’applauso verso le incursioni degli
amministratori locali in un territorio, quello della limitazione della libertà
personale dei cittadini, che pure l’art. 13 della Costituzione considera
blindato da una riserva assoluta di legge, e pertanto sottratto alle
determinazioni dell’Esecutivo.
Dobbiamo
far rispettare le regole, anche a costo di fare la faccia feroce. Sennonché
quella faccia feroce inizia a sua volta a far nascere un dubbio, nell’animo di
quanti ancora aderiscono ad un modello di democrazia antitetico rispetto al
plebiscito formato social: il dubbio che la logica dell’emergenza stia
contribuendo a ridare linfa al culto molto italico dell’Uomo Forte, ad esaltare
la mistica del capo carismatico che, costruendo a colpi di applausi, di like e
di retweet il proprio personalissimo bacino di consensi, pone ed impone la sua
figura al centro della scena.
Sì,
la logica dell’emergenza alimenta l’ombra dell’Uomo forte: e con essa il
pericolo, per nulla infondato, che quell’ombra non sia disposta ad abbandonare
le strade desertificate dalla quarantena quando il maledetto virus avrà
esaurito la sua carica letale, pretendendo di scandire, ovviamente in diretta
social, i tempi della vita dei cittadini anche in presenza di situazioni meno
estreme e meno condivise di quelle caratterizzanti la congiuntura in atto.
Seguendo
i mille fotogrammi di cui si compone il film dell’Italia ai tempi del Covid-19,
ecco allora che la nostra scena si sposta in un’altra piazza deserta: quella in
cui il Presidente Mattarella ha celebrato, con pochi ed essenziali gesti, il
suo 25 aprile. La mascherina a rimarcare la necessità di adeguare all’emergenza
in atto i più naturali codici di comportamento; parole misurate per esprimere
la voglia di riscatto di una Nazione piegata dal peso delle restrizioni.
Gesti
e parole che dovrebbero fungere da modello, per gli amministratori affamati di
like: uno stile comunicativo più sobrio ed aderente ai parametri di disciplina
ed onore indicati dall’art. 54 della Carta è forse più adatto delle tribune
social a garantire solidità al legame tra lo Stato e quegli strati della
società civile su cui le inevitabili incertezze della politica e i dubbi degli
scienziati stanno riversando il peso di una crisi senza precedenti; ad
assicurare, al netto delle sfuriate di questa strana domenica di
primavera, che il ritorno alla tanto
sospirata condizione di normalità democratica non potrà essere in qualche modo
condizionata dall’emergenza dell’Uomo forte.
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