lunedì, luglio 28, 2008


IL "CANDIDATO RIFORMABILE" E L'ALTERNATIVA CHE NON ESISTE


Inizio questa mia riflessione da dove Enrico Palmas e Andrea Raggio hanno concluso la loro, nel tentativo di fornire un ulteriore contributo al dibattito in corso sulle sorti del centro-sinistra sardo in generale e del PD in particolare. La mia analisi non può che trovare un evidente punto di contatto con le conclusioni a cui è pervenuto Palmas: nel corso dell’ultima tornata congressuale, insieme agli altri esponenti della mozione che faceva capo a Fabio Mussi, siamo andati di in sezione in sezione per illustrare ai militanti diessini come il progetto del Partito Democratico – lungi dal risultare funzionale ad una strategia di autentico rinnovamento della politica – costituiva in verità il semplice trampolino utile per rilanciare le ambizioni di potere di un gruppo dirigente in evidente crisi di consenso e di credibilità.
Ad un anno dalla conclusione del congresso che ha sancito la liquefazione della Quercia nell’indefinibile calderone del nuovo soggetto politico, siamo costretti a rilevare, con l’amarezza degli sconfitti, come i nostri timori fossero assolutamente fondati: tenuto in linea di galleggiamento dal “voto utile” di quell’ampia fetta di popolo della sinistra che si è rifiutata di salire sull’improponibile carrozzone della SA, il Partito Democratico si presenta in Sardegna come il triste palcoscenico di un’eterna disputa tra “soriani” ed “antisoriani” che rischia di trascinare l’intera area progressista nel baratro di una sconfitta annunciata.
La debacle riportata da quel che resta dell’Ulivo locale nelle ultime elezioni comunali non deve essere infatti interpretata come una bocciatura rivolta esclusivamente all’operato della Giunta regionale e del suo Presidente, come il classico niet opposto dagli elettori alla ri-candidatura di Soru per le elezioni del 2009. No, il voto di Assemini, Villacidro e Macomer costituisce una chiara stroncatura di un certo “modo” di fare politica: del decisionismo iperaziendalista del Governatore; delle logiche parentali impiegate nella determinazione delle candidature; della fastidiosa idea che il solito conclave di oligarchi - riunito ora a Tramatza, ora a Nuraghe Losa, ora ad Ala Birdi – possa continuare ad assumere ogni decisione in ordine al futuro dei democratici sardi.
Palmas ha ragione: occorrerebbe mettere in piedi una nuova forza di sinistra, socialista ed ecologista, capace di rinnovare la politica riproponendo con forza la “questione morale” prospettata da Berlinguer nel 1981, di rilanciare cioè l’idea del partito come strumento idoneo a favorire la partecipazione del cittadino alla vita politica e sociale del Paese. Palmas ha ragione, ma non c’è tempo per dare corso ad un simile progetto: ci sono le elezioni alle porte, elezioni che il centro-sinistra potrebbe paradossalmente vincere se non fosse dilaniato dalla sterile disputa tra i fedelissimi di Soru (al quale non può essere negato il diritto a proporsi per un secondo mandato) e gli eterni oppositori di Mr. Tiscali, che – sulla base di argomenti talvolta altamente condivisibili – minacciano persino di disertare le urne di fronte alla candidatura del Governatore uscente.
Così ragionando, l’unica soluzione utile per superare questa situazione di empasse poteva essere ravvisata nelle primarie: in primarie di coalizione, aperte ai soli tesserati, attraverso cui il modello di governo del Presidente potesse essere messo a confronto con le proposte avanzate dai sostenitori di eventuali candidature alternative. Tuttavia, proprio il fatto che gli stessi maggiorenti del PD – i quali avevano apertamente sponsorizzato l’ascesa di Antonello Cabras alla segreteria del partito nelle consultazioni dello scorso ottobre – abbiano deciso in tutta fretta di sostenere la linea dell’attuale Capo dell’Esecutivo dimostra chiaramente che, al momento, queste candidature alternative di fatto non esistono.
E allora che si fa? Si assiste indifferenti all’ennesimo successo del centro-destra, sposando il teorema manincheddiano secondo cui per i progressisti sardi è meglio rassegnarsi alla prospettiva di cinque lunghi anni di opposizione piuttosto che sostenere la riconferma dell’attuale Esecutivo? Davvero ha ragione Raggio quando osserva che la scelta tra Soru e Berlusconi equivale all’alternativa “tra la padella e la brace”?
A mio sommesso avviso, la risposta a questi interrogativi è di segno negativo: il solo fatto di essere espressione dell’area democratica rende infatti Soru un candidato per certi versi “riformabile”, un candidato cioè tenuto per forza di cose a confrontarsi con le istanze che provengono dalla componente migliore della sinistra locale, costituita da individui estranei ai giochi di potere, che ancora concepiscono la politica come impegno civile e come servizio diretto all’attuazione dell’interesse generale.Premesso che queste istanze verrebbero brutalmente mortificate dalla presenza di un sodale del Cavaliere alla guida della Regione, la candidatura di Mr. Tiscali non deve essere osteggiata “senza se e senza ma”: può viceversa essere sostenuta, specie in presenza di adeguate garanzie di rinnovamento, a cominciare dalla formazione delle liste e dalla scelta della squadra di governo.
In tal senso, una proposta diretta a limitare drasticamente le ricandidature dei consiglieri regionali uscenti per dare più spazio agli esponenti della società civile non solo incontrerebbe ampi consensi a livello di elettorato, ma consentirebbe ai partiti di “ritornare tra la gente” e di individuare, superando le logiche delle eterne oligarchie, nel mondo del lavoro, delle professioni, degli intellettuali quella nuova classe dirigente di cui si avverte disperatamente bisogno.Nella scelta tra “la padella e la brace”, tra la prospettiva di una riconferma del Governatore in carica e quella costituita dall’immagine di Mauro Pili che marcia impettito alla volta di Villa Devoto, magari salutato dal sorriso di cartapesta delle veline della compagnia del Bagaglino, l’alternativa in realtà non esiste: si scelga comunque il “candidato riformabile”; si scelga di battere comunque le destre; si sostenga l’area democratica per salvare quella minima speranza di rinnovamento che ancora è rimasta nel triste quadro della politica sarda.

Carlo Dore jr.


Di seguito, vengono riportati gli interventi di Enrico Palmas e Andrea Raggio (già pubblicati dal sito http://www.democraziaoggi.it/ ) a cui si fa riferimento nel testo


Il PD? Un “ronzino” per Soru


25 Luglio 2008


Enrico Palmas


In questi tempi di forte disaffezione per ciò che la politica ci offre, non resta che compiere il quotidiano rito della consultazione dei siti locali sulla rete internet.Così, scorrendo tra i vari esempi di giornalismo telematico, troviamo l’editoriale del 23.7.2008 di Giorgio Melis, il Direttore di “Altravoce”, il quale ci garantisce quotidianamente una puntuale informazione sulle cose che accadono all’interno del Partito Democratico sardo, ancorché con lo sguardo rivolto al “versante Soru” di quest’ultimo.Apprendiamo, in questo modo, che alcune delle prese di posizione espresse dagli esponenti della fu “sinistra DS”, dopo essere state dileggiate e tacciate di “terrorismo politico” nel momento in cui furono espresse, entrano oggi nella coscienza e persino nel lessico dei Democratici (quantomeno di quelli sardi, giacché Veltroni appare una spanna più tosto…). Vanno in questa direzione, infatti, le affermazioni per le quali: «Tutti, anche i più ottimisti, avevano segnalato il rischio della nascita del Pd come “fusione fredda” tra Ds e Margherita, in Sardegna con l’integrazione di Progetto Sardegna. Infatti è stata una disgrazia, anche elettorale. In Sardegna era partita meglio. Subito delegittimata, sporcata, disonorata dalle primarie d’autunno: vinte da Udc, Forza Italia, An, Udeur (quando c’era) e Forza Paris. I partiti di destra - con molti loro dirigenti e tanti militanti precettati alla bisogna, “spintaneamente” e/o per accordi riservati tra vecchi compari di tutte le stagioni - avevano deciso che dovesse vincere Antonello Cabras contro Renato Soru».Alcune considerazioni sorgono spontanee. Innanzitutto, l’espressione “fusione a freddo” appartiene ad un lessico, che, come detto, è del tutto estraneo al PD. Purtuttavia, la cosa in qualche modo ci gratifica, posto che evidentemente non erano tutte balle quelle che andavamo raccontando ai militanti dei DS, nella scorsa tornata congressuale. Ma la cosa, com’è fin troppo chiaro, è di ben poco momento, dato che non credo che vi sia, oggi, alcuno, tra coloro i quali andavano raccontando le “balle” ai congressi di sezione, interessato ad avere ragione a posteriori.Ma anche le stesse, giuste, esigenze di rinnovamento («la foto di gruppo farebbe tanto effetto-Cremlino ai tempi di Breznev e in Sardegna richiamerebbe nostalgie degli anni 60-70-80-90» - anche se con alcuni riferimenti a persone che con il PD e con altri noti esponenti politici, nominati nell’editoriale, non hanno nulla a che spartire), vengono oggi fatte proprie e con sempre maggiore insistenza, da chi non le ha minimamente praticate in tutti questi anni. Ed i vertici del PD sono i principali responsabili. Farebbe sorridere che Cabras, Fadda, Sanna e quant’altri ci venissero a raccontare che occorre un rinnovamento… che, guardacaso, deve iniziare sempre a prescindere da loro. Farebbe sorridere solo se non fosse la cartina di tornasole della scomparsa dalla scena politica della sinistra (e, così proseguendo, dell’intero Centro Sinistra), di cui essa stessa è responsabile.In secondo luogo, i rischi di contaminazione delle primarie, da parte della destra erano fin troppo evidenti sin dal momento della loro indizione (… anche se l’UDEUR di Mastella – quando c’era – era alleato del Centro Sinistra, non lo si dimentichi). Basti considerare il solo fatto che un Partito che non ha tesserati, nella migliore delle ipotesi, deve accontentarsi di guardare negli occhi chi si reca a votare alle primarie, mentre, nella peggiore, proprio non è un Partito, con tutto ciò che ne consegue…Di più. Si può davvero affermare con certezza che il voto della destra alle primarie abbia avvantaggiato il Cardinale?Ad ogni buon conto, anche questa analisi è, per così dire, “dietrologica” e, dunque, lascia il tempo che trova.Ciò di cui è più serio ragionare adesso, è la ricostruzione credibile di un’ipotesi di alternativa di Centro Sinistra. Sgombrando, tuttavia, il campo da una serie di equivoci che non aiutano a comporre un ragionamento plausibile.In primo luogo, Cabras non è il male e comunque Soru non è la cura. Anzi, forse prescindere da entrambi, in quest’ottica, renderebbe più semplice la costruzione…Ancora, il PD non è autosufficiente (Veltroni ha fallito su tutti i fronti e bene avrebbe fatto a rassegnare le dimissioni), ha perso clamorosamente le elezioni e le perderà anche in Sardegna, trascinando nel suo disastro l’intero panorama delle forze di Centro Sinistra. La ricostruzione di una forza di Sinistra moderna, eurosocialista ed ambientalista, è indispensabile per restituire credibilità al sistema – politica e da essa non si può prescindere se si vuole lavorare alla ricostituzione di un Centro Sinistra vincente e convincente.Insomma, sembra di capire che chi ieri ha frettolosamente liquidato i DS per scommettere tutti i suoi risparmi su di un cavallo che già dalla partenza si è rivelato un ronzino, oggi stia cominciando a riflettere sulla circostanza che, forse, i DS con tutti i loro difetti, erano meglio di questa cosa informe ed inguardabile che infila in un unico calderone vecchi trombati, clerico-cattolici oltranzisti, servi, padroni, riciclati, ex comunisti pentiti, ex democristiani (non pentiti) e chi più ne ha più ne metta… e che forse il progetto dell’Unione di Centro Sinistra (e Sardista, da noi) fosse il progetto di governo più avanzato sino ad ora mai prospettato.Si boccheggia, insomma, per il caldo insopportabile e si sta affacciati alla finestra, in attesa che un refolo di maestrale si porti via la cappa di umidità che rende irrespirabile l’aria e con essa, per quanto possibile, l’inquinamento.


Regione: la maledizione dell’autoritarismo


24 Luglio 2008


Andrea Raggio


Quel che ho capito dell’intricata vicenda politica regionale è che Cabras si è dimesso perché al tentativo di arginare l’invadenza del Governatore e recuperare al PD qualche spazio di autonomia (anche da Roma?), è venuto meno il sostegno della maggioranza del partito. Non ho avuto l’impressione che puntasse alla non ricandidatura di Soru, operazione da molti auspicata ma di non facile realizzazione anche a causa della possibile ritorsione della componente soriana, semmai a un’investitura democratica – le primarie, appunto – per consentire sia di saggiare la volontà della base, sia di bilanciare la ricandidatura con la ripresa di ruolo del partito.La recente sentenza della Corte d’Appello sulla statutaria offriva l’occasione di riaprire il discorso sulla questione democratica in Sardegna. Cabras non l’ha colta, prigioniero ancora una volta della tattica del male minore. Soru ne ha approfittato per umiliare il Consiglio e stringere all’angolo il PD. Il risultato è che ora il male minore volge al peggio.C’è innegabilmente una precisa responsabilità di chi, inspiegabilmente, si è opposto alle primarie. Ma in questa esperienza c’è anche la conferma che il compromesso e la mediazione sono strumenti utili in politica purché non tocchino i principi, perché in questo caso diventano pericolosi. La democrazia è il principio cardine della vita pubblica, e la scelta di campo è sempre e soltanto tra democrazia e autoritarismo. Non valgono le mezze misure e le mediazioni, non esiste male minore ma solo male.L’autoritarismo, è innegabile, ha pesato sulla legislatura regionale come una maledizione. La combinazione tra presidenzialismo duro e politica debole ha prodotto una miscela deleteria che ha incattivito ogni passaggio della legislatura, logorato il rapporto tra gli organi della Regione e tra questa e i cittadini, alimentato le divisioni nella maggioranza e spalancato le porte del PD al dominio incontrastato del Governatore. A questo punto e nella prospettiva elettorale scegliere tra centrosinistra e centrodestra è come scegliere tra la padella e la brace. Il problema è scacciare la maledizione, liberare la prossima legislatura. Non servono gli scongiuri e gli esorcismi e non bastano le primarie. Occorre fare della questione democratica in Sardegna, e nel Paese, il tema prioritario dell’iniziativa politica. Il PD e le altre componenti del centrosinistra sardo ne hanno la volontà e la forza? Nonostante tutto, io sono convinto che un forte recupero democratico sia ancora possibile

1 commento:

Anonimo ha detto...

Forse Totò Cuffaro, in Sardegna, sarebbe meglio di Soru......

Vivo in Sardegna dal luglio del 1968,ma provengo da Palermo. Nei primi anni 1970 vivevo a Sassari ed ho assistito alla vergogna assoluta dei comportamenti dei politici nazionali e regionali nei confronti della SIR di Porto Torres (dove ho lavorato per due anni).La SIR era una galassia di aziende con un unico referente ,ed era finalizzata ad incassare e sperperare (come poi si e' visto) i fondi del piano rinascita (si diceva che erano 1000 miliardi di lire). La politica regionale di allora in Sardegna era assai somigliante a quella della regione Siciliana. Ristretti gruppi politico-massonici controllavano tutto. In Sicilia i gruppi di controllo erano e sono ancora politico-mafiosi questa la sola differenza . In questi ultimi 40 anni in Sardegna,ho visto solo dal 2004 ad oggi un solo governo regionale degno di questo nome. quello diretto dal dottor Soru. Eppure a destra ed a sinistra si fa a gara a cercare di cacciarlo con tutti metodi leciti ed illeciti. Una soluzione ci sarebbe (non per risolvere i problemi della Sardegna, ma almeno per convincere alcuni a smetterla di spararle troppo grosse tipo Soru-Mugabwe,Soru-principe,Soru-autocrate e per evitare di buttar via milioni di euro in referendum ammazza-coste) la soluzione,come si legge nei libri di Sherlock Holmes, è elementare (caro Watson) e la scrivo a carattere cubitali:



Cari Sardi, chiamate ed eleggete Totò Cuffaro.



Sicuramente non farà nessun P.P.R(piano paesagistico regionale). non prenderà a pretesto l'assenza di industrie per abolire i consorzi industriali (come invece ha incredibilmente fatto il dottor Soru) e non abolirà comunità montane,come invece ha fatto il dottor Soru, con la scusa inaudita che erano formate da paesi rivieraschi. Inoltre, se a qualche benemerito imprenditore edile venisse in mente di costruire un bel complesso di palazzi al posto dell'anfiteatro romano di Cagliari oltre che addosso alla necropoli punica , sarebbero prontissimi per lui il placet regionale e le relativa licenza edilizia del comune interessato al progetto. Infine tutti gli operatori privati di sanità potrebbero ottenere assistenza, facilitazioni e tariffe adeguate per la loro attività ed anche soffiate di allarme nel caso che guardia di finanza o magistrati volessero dare un occhiata troppo curiosa alle carte della ditta .Perchè bisogna che anche in Sardegna la gente si convinca che gli affari non vanno disturbati neppure se consistono nella costruzione ininterrotta di case su tutto il perimetro costiero dell'isola e nel seppellimento nel cemento di tutti i siti archeologici.