mercoledì, luglio 23, 2008




LO “SCUDO SPAZIALE” DEL PREMIER “LEGIBUS SOLUTUS”


Nel presentare in Senato il disegno di legge che prevede la sospensione dei processi nei confronti delle c.d. alte cariche dello Stato (Presidente della Repubblica; Presidente del Consiglio; Presidenti dei due rami del Parlamento), il Guardasigilli Alfano ha descritto il “Lodo” che porta il suo nome come un provvedimento “sobrio e ben calibrato rispetto ai principi ed ai valori costituzionali coinvolti, nonché in linea con le norme di altri ordinamenti occidentali”. Esulta la maggioranza di governo, convinta di aver garantito “la serenità dell’azione dell’Esecutivo, superando una volta per sempre il conflitto tra politica e toghe militanti”, mentre l’ANM e l’opposizione sembrano ormai rassegnate a doversi confrontare con un premier che lo “scudo spaziale” predisposto dal Ministro della Giustiza rende di fatto legibus solutus, alla stregua del Leviatano di Thomas Hobbes.
Tuttavia, mentre i più eminenti costituzionalisti italiani rilevano come, al di là delle dichiarazioni di facciata, il ddl in questione introduce nell’ambito del nostro ordinamento un’immunità che di fatto non trova eguali nei sistemi legislativi degli altri paesi europei, ad un osservatore attento non può sfuggire come il c.d. “lodo Alfano”, lungi dal poter essere definito come un testo sobrio e ben equilibrato, risulta in realtà qualificabile come una proposta sostanzialmente irragionevole e formalmente incompatibile con alcuni principi fondanti della Costituzione, come l’ennesima disposizione tagliata a colpi di accetta da un legislatore sempre più propenso a sacrificare l’interesse generale di fronte alla necessità di tutelare le personali esigenze dell’Uomo solo al comando.
Premesso infatti che la radicale sterilizzazione dei processi in corso verso alcuni imputati eccellenti non garantisce in alcun modo il superamento dell’eterno conflitto tra potere legislativo e potere giudiziario che da quasi vent’anni lacera la politica italiana, per l’interprete chiamato a ricostruire la ratio del provvedimento in esame risulta impossibile individuare argomenti idonei a giustificare la sospensione di tutti i processi nei confronti delle già citate alte cariche dello Stato, ancorché riferiti a reati (quali ad esempio i delitti contro la persona o contro il patrimonio) del tutto privi di attinenza con l’esercizio delle funzioni istituzionali attribuite ai soggetti che assumono la titolarità di tali cariche.
Ciò malgrado, ammettendo per un attimo (ma solo per un attimo) che si possa accogliere l’assunto in base al quale chi viene eletto dal popolo per assumere una carica pubblica non deve essere costretto ad affrontare l’ostacolo costituito da iniziative giudiziarie più o meno pretestuose, il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost. imporrebbe allora di estendere la previsione di immunità oggetto del “Lodo Alfano” a tutti i soggetti chiamati a ricoprire una carica elettiva. Seguendo questa linea di ragionamento, dovrebbero pertanto essere considerati non processabili non solo i parlamentari, ma anche i Presidenti di Regione, i consiglieri regionali, i sindaci, i consiglieri comunali, e perfino i consiglieri di circoscrizione, con buona pace di quanto stabilito dagli artt. 111 (che del processo assicura la ragionevole durata) e 112 (relativo all’obbligatorietà dell’azione penale) della stessa Costituzione.
I profili di incostituzionalità che caratterizzano il testo di legge approvato ieri dal Senato potevano in teoria essere aggirati attraverso una modifica della Carta Fondamentale, eventualmente ripristinando (come proposto da alcuni studiosi) quel sistema di immunità previsto dall’art. 68 Cost. prima della riforma del 1993. Tuttavia, questa soluzione si presentava, per due ordini di ragioni, poco compatibile con gli obiettivi che l’attuale legislatore dimostra di perseguire: in primo luogo, i “tempi lunghi” richiesti per l’approvazione di una legge di revisione costituzionale avrebbero per forza di cose consentito che il processo al momento in corso nei confronti di una tra le alte cariche dello Stato giungesse a decisione; in secondo luogo, la maggioranza sarebbe stata costretta a rendere conto ai cittadini (eventualmente chiamati ad esprimersi attraverso un referendum confermativo) del ripristino di quello stesso apparato di guarentigie smantellato dal Parlamento non più di quindici anni fa, peraltro con il concorso determinante di alcune delle forze che oggi sostengono il Governo – Berlusconi.
Tutto ciò premesso, qualora il Capo dello Stato non decida di rinviare il ddl in esame alle Camere rifiutando la promulgazione, spetterà dunque alla Corte Costituzionale il compito di valutare se le ragioni di illegittimità in questa sede prospettate sono sufficienti per determinare una pronuncia di annullamento del “Lodo Alfano”. In ogni caso, il premier legibus solutus può tirare un sospiro di sollievo: sembra infatti che nemmeno l’intervento della Consulta su quest’ultima legge-vergogna potrà impedire che il c.d. “processo – Mills” vada ad arenarsi sulle secche della prescrizione: un altro processo destinato ad infrangersi contro lo “scudo spaziale” dell’unico Leviatano del mondo occidentale.

Carlo Dore jr.

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