domenica, luglio 17, 2011

IL DISCORSO DEL SEGRETARIO

Bersani prende la parola nel bel mezzo di un’infuocata seduta parlamentare, mentre l’aula di Montecitorio procede a tappe forzate nell’approvazione della manovra economica varata dal ministro Tremonti. Le notizie che giungono dall’esterno riportano il grido di dolore di un Paese allo sbando, paralizzato dallo spettro di una crisi che le trame degli speculatori rischiano di trasformare in una clamorosa bancarotta collettiva. Berlusconi tace, per “non turbare i mercati”: il mito del “ghe pensi mì” suona sempre più come una barzelletta utile per far sorridere i potenti impegnati nei vertici internazionali, come il mantra di una politica destinata ad esaurirsi nella tutela del circuito di interessi privati e di vicissitudini giudiziarie che gravita attorno al mausoleo di Arcore.

Berlusconi tace, Bersani parla. Il discorso del Segretario non è caratterizzato da toni enfatici e da frasi ad effetto: i giorni del “miracolo italiano” sono lontani quasi quanto le narrazioni vendoliane o le rottamazioni di Renzi. No, il discorso del Segretario è un discorso da Segretario: mette in fila fatti, analizza situazioni, propone soluzioni. Il ritornello secondo cui “la crisi esiste solo sulle pagine dei giornali di sinistra”o “nelle elaborazioni dei professionisti del catastrofismo” resiste solo negli editoriali di Minzolini: la crisi c’è, e il Segretario lo dice forte e chiaro, mentre un manipolo di cricche di varia estrazione e colore continua ad arricchirsi sfruttando il colpevole immobilismo di un Governo senza rotta e senza timoniere.

Bersani parla, riflette, denuncia: attacca la Lega Nord, eternamente sospesa tra la dimensione populista dei rituali di Pontida - trasposizione in chiave casereccia della protesta di Piazza Tahrir - e l’opulenza arrogante dei Ministri di Mubarak; declina una linea di politica economica ispirata ai valori dell’equità e della giustizia sociale; propone una strategia di contenimento della spesa pubblica, da attuare attraverso l’abolizione di alcune province e dei piccoli comuni, l’eliminazione di alcune società miste, la cancellazione degli enti inutili.

Semplice, onesto, intellegibile. Il discorso del Segretario evidenzia il più grande vulnus che il ventennio del Cavaliere ha generato nel sistema politico italiano, identificabile in una concezione “minorata” della democrazia, intesa come mera genuflessione del popolo alla volontà del miliardario, come depotenziamento della funzione tradizionale dei partiti, ridotti a veicolo di diffusione del vangelo del capo. Mediaticizzazione esasperata che soffoca i contenuti di ampio respiro, narrazioni velluate e slogan gridati al vento che prendono il posto dei ragionamenti di alto profilo: siamo tutti col Capo, meno male che il Capo c’è. Cricche e spioni, scandali e esasperazione: questa è la politica italiana nell’epoca della crisi globale.

In un simile contesto, mentre l’indignazione dei cittadini nei confronti del Palazzo si manifesta soprattutto attraverso il crescente consenso attribuito a realtà che si pongono – almeno all’apparenza - come alternative rispetto ai partiti tradizionali, il discorso del Segretario suona come l’ennesima sfida rivolta ad una maggioranza attaccata agli ultimi brandelli di un potere senza consenso: il Miliardario esca di scena, per consegnarsi una volta per sempre alla valutazione della Storia e, prima ancora, al giudizio dei Magistrati; i Ministri di Mubarak tornino al prato di Pontida, per spiegare agli ultimi pasdaran della secessione le troppe intelligenze tra lo spadone di Alberto da Giussano e i salotti buoni della “Roma ladrona”. Rigore, onestà, chiarezza, cambiamento: in una parola, elezioni.

Il discorso del Segretario volge al termine: gli applausi dai banchi dell’opposizione risuonano più convinti del solito. La fabbrica di Bersani non produce fumo, Bersani ha parlato da persona seria che non ha interesse a scaldare i cuori perché non deve promettere l’impossibile: ha inquadrato problemi, ha proposto soluzioni con la serietà ed il realismo che deve caratterizzare il discorso di un Segretario, del leader di un partito che vuole proporsi come alternativa per il governo di un Paese alla deriva.


Carlo Dore jr.

Nessun commento: