mercoledì, luglio 27, 2011

IL PD E LA MALAPOLITICA: DUE RISPOSTE SULLA QUESTIONE MORALE

Di seguito, un mio intervento pubblicato su Sardegna 24 del 27 luglio 2011.

“ Il ciclo storico della deindustrializzazione, quando gli immobiliaristi si imposero come potenze fameliche intorno alle aree degli stabilimenti svuotati, ha forse trascinato anche una sinistra indebolita nelle dinamiche del consociativismo e dell’affarismo?”. L’interrogativo proposto lo scorso giovedì da Gad Lerner attraverso le colonne de “La Repubblica” tormenta gran parte del popolo progressista, comprensibilmente scosso dalle notizie collegate ai procedimenti penali che hanno coinvolto, dopo il manager dell’Enac Franco Pronzato, anche un esponente di primo piano come Filippo Penati.

Davvero, si chiedono iscritti e simpatizzanti, la sinistra ha abdicato dalla sua tradizionale funzione di contraltare dei poteri forti per divenire parte integrante del sistema affaristico e consociativo in cui, giorno dopo giorno, sprofonda l’Italia di Berlusconi? Davvero la cultura della diversità, fondata sul primato della questione morale, è stata messa in soffitta, insieme alle bandiere rosse ed al ritratto di Berlinguer? Davvero il PD ha rinunciato ad elaborare una proposta di alto profilo per contrastare il vulnus della malapolitica?

Ai quesiti appena prospettati, il principale partito di opposizione è tenuto a dare due diverse risposte, in grado di assecondare il grido di indignazione che si solleva dai principali settori della società civile. La prima: il centro-sinistra non ha rinunciato a porre la questione morale al centro della propria azione, la differenza tra destra e sinistra non può, sotto questo profilo, considerarsi ancora venuta meno. Lo confermano le ragioni che hanno portato l’intero gruppo parlamentare del PD a sostenere la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Alfonso Papa, contribuendo così a spezzare – almeno per una volta – l’insopportabile rete di privilegi e logiche immunitarie che ha caratterizzato il ventennio del Cavaliere; lo conferma la fermezza con cui Rosi Bindi ha chiesto le dimissioni del senatore Alberto Tedesco, asceso al seggio di Palazzo Madama anche a causa delle troppe disfunzioni che caratterizzano il sistema delle “liste bloccate” in vigore per la selezione dei parlamentari. Lo conferma, infine, la condotta osservata dallo stesso Filippo Penati, il quale ha deciso di dimettersi dal suo ruolo di vice-presidente del Consiglio regionale lombardo, senza mai mettere in discussione né la legittimazione della magistratura ad indagare sulle ipotesi di reato che gli vengono contestate, né quella della stampa a mettere al corrente l’opinione pubblica dei fatti su cui verte tale inchiesta.

No, destra e sinistra non possono ancora essere messe sullo stesso piano, la cultura della “diversità” non ha ancora perduto la propria ragion d’essere: la questione morale continua ad ispirare la politica del centro-sinistra, i progressisti italiani non metteranno mai in soffitta il ritratto di Berlinguer.

Ma proprio per rimarcare le radici della loro “diversità” rispetto alla parodia della “banda degli onesti” tratteggiata da Alfano nel suo discorso di insediamento alla guida del PDL, i democratici devono dare anche una seconda risposta alla sete di etica che pervade il loro elettorato di riferimento. Posto infatti che il processo volto a proporre il PD come credibile alternativa per il governo del Paese non può, in questa particolare fase storica, prescindere dall’elaborazione di nuovi criteri di selezione della classe dirigente, questa seconda risposta potrebbe risolversi nella scelta, da parte della segreteria di Bersani, di imporre ai suoi tesserati che vengono rinviati a giudizio per un delitto (diverso dai reati di opinione) punibile con una pena superiore ai due anni di reclusione l’automatica sospensione da tutti gli incarichi dirigenziali per l’intera durata del processo, nonché di prevedere a carico degli stessi l’obbligo morale delle dimissioni dalle cariche elettive precedentemente assunte.

Una soluzione come quella appena indicata potrebbe costituire un’adeguata risposta ai dubbi di Gad Lerner, alla manifesta sfiducia di quanti descrivono la sinistra italiana ormai lontana dalle istanze sociali e sostanzialmente assuefatta alle logiche del Palazzo: una risposta che conferma l’attualità della questione morale dinanzi all’incedere del fantasma della malapolitica.


Carlo Dore jr.

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