sabato, febbraio 18, 2006


I fatti di Genova e il programma dell’Unione



La prima settimana di campagna elettorale è stata scandita dalle polemiche relative ai rapporti tra i partiti tradizionali e i movimenti che costituiscono le frange più estreme dei due schieramenti. Attribuendo ad Alessandra Mussolini l’etichetta di “autentica e fervente democratica” (appellativo obiettivamente incompatibile con la storia politica della fondatrice di Alternativa Sociale), il Presidente del Consiglio, dopo avere negato ogni contatto con quegli inquietanti esponenti di oscure formazioni neofasciste più volte immortalati mentre brindavano alla prossima affermazione elettorale della CDL nei salotti di Palazzo Grazioli, ha infatti trovato il modo di denunciare i rapporti esistenti tra l’Unione ed i movimenti no-global, individuati come un’ulteriore conferma della più volte rilevata tendenza dei “comunisti” a “far politica a colpi di spranga”.
Quasi contemporaneamente, gli altri leaders del Polo commentavano con indignazione la proposta, contenuta nel programma del centro – sinistra, di procedere alla istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta diretta ad accertare eventuali responsabilità politiche in ordine ai fatti svoltisi a Genova in occasione del G8, considerando tale manifestazione di volontà come uno sfregio al prestigio delle forze dell’ordine.
Ferma restando la necessità di non confondere il vandalismo fine a se stesso con la libertà di manifestazione del pensiero e di non mettere in discussione il prestigio che le forze dell’ordine in quanto tali meritano in ragione dell’opera che quotidianamente svolgono, le immagini di quelle giornate dell’estate di cinque anni fa sono drammaticamente impresse nella memoria di chiunque possa dirsi portatore di un sincero spirito democratico.
Un movimento di popolo animato da una molteplicità di ideali diversi, sussumibili nell’avversione ai principi su cui si basa quella sorta di oligarchia di potenti che da oltre un secolo governa il Pianeta, fu capace di mettere in crisi i grandi della politica con una manifestazione di impressionante imponenza ed incisività: un’ immensa muraglia umana invase le strade infuocate del capoluogo ligure, animata dal convincimento di poter proporre un’alternativa sul piano sociale, civile ed ideologico al presente staus quo.
Di fronte al tanto improvviso quanto scientifico imperversare di quelle bande di devastatori organizzati comunemente noti come balck-blockers, la reazione delle forze dell’ordine fu straordinariamente brutale ed inefficace, finendo col coinvolgere anche e soprattutto quei manifestanti che non si erano resi responsabili di alcun comportamento qualificabile in termini di reato.
Gli avvenimenti che fecero seguito alla morte di Carlo Giuliani, i pestaggi avvenuti ad opera dei celerini all’interno della scuola Diaz, le violenze perpetrate in danno di uomini inermi nella caserma di Bolzaneto, la precostituzione di false prove da parte degli stessi tutori della sicurezza pubblica rappresentano la massima lesione di quei principi di rispetto della persona umana a cui la nostra Costituzione è ispirata.
Ripercorrendo i momenti centrali di quei giorni di ordinaria follia, sorge forte ed insistente il sospetto che i fatti in esame non rappresentino altro che l’esecuzione di un ben preciso progetto politico, diretto a criminalizzare il movimento antiglobalizzazione attraverso una prima dimostrazione di forza da parte di un Governo che, nel corso degli ultimi cinque anni, ha più volte rivelato la sua vocazione autoritaria.
In ragione di quanto appena affermato, l’istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta può assolvere ad una duplice finalità: da un lato, essa può infatti risultare idonea ad accertare se gli agenti protagonisti degli episodi sopra descritti agirono di loro iniziativa o se essi operarono in qualità di meri esecutori di direttive impartite da soggetti investiti di responsabilità politiche ben precise.
D’altro lato, l’attività di tale organo può attribuire un significato particolarmente rilevante all’affermazione di Bertinotti, secondo cui la linea programmatica della sinistra italiana deve “partire da Genova”. Rilevando le responsabilità politiche esistenti con riferimento a situazioni che hanno rappresentato un’arbitraria compressione di diritti costituzionalmente garantiti, il centro-sinistra dimostra di aderire ad una concezione di democrazia in cui i valori della libertà di manifestazione del pensiero, della libertà di stampa e di informazione, della separazione tra i poteri dello Stato (costantemente sviliti nel corso della legislatura appena terminata) assumono effettivamente quel rilievo dominante ad essi attribuito dalla Carta Costituzionale.

Carlo Dore jr.

1 commento:

Nemo ha detto...

ciao carlo questo è invece il blog dei giovani comunisti sardi...saluti!!!


www.giovanicomunistisardi.blogspot.com