sabato, febbraio 25, 2006


Sulle ulteriori prospettive di riforma della Giustizia

INCUBI E DELIRI

L’annuale congresso dell’ANM ha rappresentato il momento consumativo dell’ultimo atto dello scontro tra potere esecutivo e potere giudiziario che ha integralmente caratterizzato la legislatura appena conclusa.
Replicando alle recenti esternazioni del Presidente del Consiglio, il quale (nel denunciare per l’ennesima volta l’utilizzo politico delle inchieste attuato in suo danno da alcune ben note toghe rosse) era giunto ad accusare i PM di Milano di avere vanificato, attraverso le loro indebite indagini, l’offerta “assolutamente regolare” formulata dalla Banca Popolare di Lodi per l’acquisizione della Banca Antonveneta, il Presidente delle Corte di Cassazione Marvulli ha liquidato le affermazioni di Berlusconi come indicative di un delirio di persecuzione che lo induce ad offrire una valutazione in chiave meramente ideologica di ogni decisione politicamente sensibile che la Magistratura assume nel legittimo esercizio delle sue funzioni.
Indipendentemente dalle convulse reazioni proposte dai vari luogotenenti della CDL, al solito puntuali nel rilevare come il premier intenda riaffermare lo stato di diritto di fronte alla nuova offensiva giudiziaria scatenata contro l’esecutivo alla vigilia del voto, le parole del Presidente del Supremo Collegio risultano assolutamente condivisibili sul piano sostanziale, ma paradossalmente prive dell’incisività richiesta dalla situazione attuale.
Senza volere in questa sede prendere in esame le complesse vicende che hanno contraddistinto l’OPA avente ad oggetto le azioni della Banca Antonveneta, sembra quasi superfluo precisare che il teorema del Cavaliere diretto a dimostrare l’esistenza di un unico disegno persecutorio a cui possono essere ricondotti tutti i procedimenti avviati nei suoi confronti dalla Procura di Milano risulta apertamente sconfessato dalle verità emergenti da sentenze pronunciate da giudici “terzi ed imparziali”.
Con particolare riguardo all’appena concluso processo SME, la decisione del tribunale di Milano di non doversi procedere nei confronti del medesimo Presidente del Consiglio in ragione dell’intervenuta prescrizione del reato in conseguenza della concessione delle circostanze attenuanti generiche di fatto ribadisce la validità dell’impianto accusatorio, confermando la responsabilità dell’eccellente imputato in ordine ai fatti di corruzione in quella sede contestatigli.
Del pari prive di fondamento si rivelano le accuse, mosse alla suddetta Procura, di condurre, con riferimento ai procedimenti penali (tuttora in corso) relativi alla compravendita di diritti cinematografici e televisivi da parte di società del gruppo Mediaset, “delle inchieste ad orologeria, sincronizzate con le scadenze elettorali”, considerato che le richieste di rinvio a giudizio formulate nell’ambito di tali procedimenti non rappresentano che il momento conclusivo di un’ attività di indagine evidentemente avviata in tempi non ricollegabili in alcun modo alle prossime elezioni politiche.
Tutto ciò posto, i continui attacchi che Berlusconi rivolge al potere giudiziario non rappresentano semplicemente le deliranti esternazioni di un leader allo sbando, ormai perso tra manie di grandezza e incubi di persecuzione. Tali prese di posizione si inquadrano nell’ambito di un ben preciso progetto politico, già avviato con la riforma dell’ordinamento giudiziario e diretto a minare definitivamente, anche attraverso la radicale separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri (necessaria per sottoporre gli inquirenti alla volontà del potere politic), l’autonomia e l’indipendenza della magistratura.
Dinanzi ad un simile status quo, i magistrati hanno il dovere di difendere con vigore le prerogative ad essi attribuite dalla Carta Costituzionale, inducendo le istituzioni di garanzia a difendere con maggiore incisività quegli equilibri tra poteri dello Stato che rappresentano la base imprescindibile di una democrazia evoluta. In questo senso, l’invito a resistere rivolto a tutte le toghe da Saverio Borrelli nell’inverno di tre anni or sono potrebbe risultare di incredibile attualità, finendo col rendere palese agli occhi dei cittadini la manifesta infondatezza e la sostanziale malafede che contraddistingue le continue accuse con cui il Capo dell’Esecutivo mette in discussione il prestigio e l’autonomia del potere giudiziario.

Carlo Dore jr.

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