martedì, febbraio 28, 2006


Lettera aperta a Graziano Milia, Presidente della Provincia di Cagliari

Egregio Presidente Milia:

Le scrivo questa lettera in merito alle ben note vicende di cui è stato protagonista la scorsa settimana, e che nella giornata di ieri sembrano aver trovato il loro epilogo.
Per elaborare le considerazioni che oggi porto alla Sua attenzione, ho voluto attendere la conclusione della vertenza in cui si inquadra il suo acceso confronto con gli operai impegnati nell’occupazione dei locali di viale Ciusa proprio in quanto ritengo che gli avvenimenti a cui ho appena fatto riferimento debbano costituire oggetto di una serena ed approfondita riflessione relativamente alla linea politica seguita nell’ultimo periodo dal nostro partito in generale e da Lei in particolare.
Premesso che il mio rispetto per la Sua intelligenza e per il Suo senso dell’equilibrio è tale da indurmi a non attribuire alcun rilievo alle volgari illazioni vagamente sollevate da alcuni quotidiani in ordine al suo modus vivendi (illazioni da Lei peraltro efficacemente liquidate con l’ironia propria della persona capace di dimostrarsi superiore a certe prese di posizione che l’opinione pubblica talvolta immotivatamente assume), non nego che la prospettiva di uno scontro tra un leader storico della sinistra sarda ed un gruppo di disoccupati che (senza voler in questa sede prendere posizione in ordine alla fondatezza delle pretese di cui i medesimi si sono fatti portatori) manifestano a difesa del loro diritto al lavoro appare ai miei occhi quantomeno inquietante.
Le recenti performance dell’ex ministro Calderoli confermano infatti che ai soggetti preposti all’esercizio di una carica pubblica può essere richiesto nella determinazione dei comportamenti che li caratterizzano, nella valutazione delle persone che li circondano, nella individuazione delle reazioni da contrapporre alle provocazioni di cui possono eventualmente costituire oggetto un livello di attenzione adeguato al prestigio del ruolo che ricoprono, il quale risulta per forza di cose più elevato di quello che può essere normalmente imposto ad un cittadino comune.
Siffatto livello di attenzione deve – a mio modesto avviso – a maggior ragione contraddistinguere l’operato di tutti gli esponenti della sinistra chiamati ad assumere incarichi di governo, in considerazione di quella supremazia morale più volte rivendicata dal popolo progressista in confronto dei militanti degli opposti schieramenti politici.
Le ragioni della supremazia morale a cui si è appena fatto riferimento risiedono nelle tante battaglie che questo popolo ha combattuto nel corso della sua storia a difesa delle posizioni dei più deboli, nella sua costante contrapposizione a tutti i centri di potere, nel rifiuto di ogni trasversalismo e di tutte le forme di compromesso idonee a determinare una –seppur minima- lesione dei principi ideologici a cui esso ha costantemente dimostrato di ispirarsi.
Se considera che questo patrimonio storico ed ideologico costituisce il presupposto fondamentale del mio essere a sinistra, riuscirà senza dubbio a comprendere le ragioni in forza delle quali la sola idea di un Suo acceso confronto con un gruppo di disoccupati mi riempie di amarezza, la stessa amarezza che provo allorquando sono tenuto a rilevare la progressiva tendenza dei DS a perdere contatto con le esigenze della loro base elettorale e con gli interessi che istituzionalmente il principale partito della sinistra italiana è tenuto a difendere.
La vicenda in cui Lei si è trovato coinvolto sembra infatti perfettamente riconducibile a questa tendenza, dalla cui attuazione dipende quella “deriva moderata” in ragione della quale il Partito è giunto quasi a rinunciare alla sua reale identità. Queste mie preoccupazioni vengono ulteriormente confermate dalla mancanza di incisività manifestata da alcuni leaders del centro -sinistra (ostentata tanto nell’attuale campagna elettorale quanto nelle precedenti competizioni in cui Lei è stato direttamente coinvolto) nel rilevare le indubbie carenze morali e personali che sovente caratterizzano gli avversari con cui nostro malgrado siamo chiamati a confrontarci, ed ai quali viene così conferita una legittimazione politica e democratica che a mio avviso non meritano.
Tra le molteplici incombenze a cui la Sua carica le impone di assolvere, spero che Lei riesca comunque a trovare il tempo per riflettere su queste mie osservazioni, consiederandole non come una vuota sequenza di critiche inutili, ma come i rilievi mossi da un militante che invita i dirigenti del movimento a cui sente di dover aderire ad operare coerentemente con gli ideali in cui crede.
Con immutata stima,

Carlo Dore jr.

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