sabato, giugno 10, 2006


LA FOLLA GRIDAVA: ENRICO! ENRICO!


Il ventiduesimo anniversario della morte di Enrico Berlinguer assume una valenza politica del tutto particolare, considerato il contesto temporale in cui si colloca. Il (seppur risicato) successo riportato dal centro-sinistra nell’ultima competizione elettorale, la presenza nell’Esecutivo di numerosi ministri espressione delle forze politiche direttamente riconducibili all’esperienza del PCI, la nomina di Giorgio Napolitano alla carica di Presidente della Repubblica costituiscono infatti il presupposto utile per procedere nell’elaborazione di alcune riflessioni in ordine alla figura del leader sassarese, nel tentativo di mettere in evidenza l’estrema attualità che tuttora caratterizza il progetto politico in cui egli credeva.
Il punto di partenza di tale riflessione può essere paradossalmente individuato proprio in quella uggiosa serata di giugno di ventidue anni fa, quando Berlinguer si spense sul Palco allestito in Piazza della Frutta a Padova, durante un comizio in occasione delle elezioni europee. Mentre il megaschermo catturava le smorfie di dolore che contraevano il suo volto esausto durante gli ultimi passaggi del discorso, la folla iniziò a scandire all’unisono il nome del Segretario, avvincendolo così in quell’ideale abbraccio destinato ad essere rinnovato dalle migliaia di persone che invasero Roma in occasione dei funerali, tenutisi tre giorni dopo.
Le ragioni di una simile ondata emotiva sono state efficacemente illustrate da Miriam Mafai, in un passaggio del suo bellissimo “Botteghe Oscure addio”: in una fase storica caratterizzata da un preoccupante vuoto ideologico che facilitava il manifestarsi dei primi rigurgiti di estremismo, con Berlinguer il popolo della sinistra ritrovava un Capo.
Le immagini di Jan Palack che brucia dinanzi al carro armato sovietico avevano infatti rappresentato per i comunisti italiani l’inizio del procedimento di disgregazione del mito della Grande Madre Russia, già messo pesantemente in discussione a seguito dei fatti di Ungheria del 1956: si avvertiva forte la necessità di individuare un nuovo modello a cui ispirarsi, un nuovo progetto nel quale credere.
Facendo chiaramente riferimento alla linea politica che in Cile aveva portato al successo l’Unidad Popular, il neo-eletto Segretario ebbe il merito di recepire le istanze della base attraverso la proposizione di quella rivoluzionaria idea di centro-sinistra rivelatasi idonea a trascinare il PCI (dal 1948 irreversibilmente radicato nelle grigie paludi di una statica opposizione radicale) fino alle porte di Palazzo Chigi.
Posto che le grandi battaglie sui diritti civili e sulle politiche del lavoro, lo strappo da Mosca e la questione morale vengono identificate come le tappe fondamentali della strategia berlingueriana, si è più volte affermato che l’esperienza dell’Ulivo rappresenta l’ideale continuazione di quella meravigliosa stagione politica: tuttavia, pur avendo la coalizione guidata da Romano Prodi conquistato il governo del Paese, la figura del Segretario rimane al centro del dibattito in corso tra le varie anime del progressismo italiano.
Persi tra le tante, vuote elucubrazioni di dirigenti privi del carisma necessario per entusiasmare la base, risolutamente ostinati nel dissertare di scenari di unità che la maggioranza degli elettori dimostra di non comprendere e di non condividere, i militanti avvertono, oggi come negli anni ’70, la mancanza di un autentico leader capace di colmare il vuoto ideologico apertosi dopo al sconfitta del 2001.
Ma forse, proprio guardando agli insegnamenti del delfino di Togliatti, i DS potranno individuare la linea di azione necessaria per impostare questa nuova fase di governo. Se le forze politiche che discendono dal PCI riusciranno a trovare il coraggio di riaffermare con forza la loro identità, facendo ancora una volta valere la supremazia morale che caratterizza il popolo della sinistra italiana rispetto agli adepti del Caimano, il disegno di Berlinguer, finalizzato proprio a mettere il Partito Comunista nella condizione di porsi come credibile forza di governo, avrà davvero trovato una sua piena attuazione.

Carlo Dore jr.

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