martedì, giugno 13, 2006


L’AVVELENATA


La più lunga ed estenuante campagna elettorale della storia politica cagliaritana ha avuto oggi l’esito forse più scontato che si potesse attendere: mentre Emilio Floris viene trionfalmente confermato nella carica di Primo Cittadino, l’Unione si avvia verso l’ennesima, bruciante sconfitta. Premesso che la delusione ed il rammarico per l’occasione mancata (rammarico reso ancor più feroce dalle illusioni cullate a seguito dei brillanti risultati ottenuti dal centro-sinistra in occasione delle ultime consultazioni politiche) in questo momento limitano la lucidità del ragionamento di candidati e militanti, questa triste debacle costituisce il presupposto per procedere ad alcune necessarie considerazioni al veleno.
In primo luogo, le elezioni comunali appena concluse hanno fatto riemergere una volta di più l’anima nera che da sempre contraddistingue la città di Cagliari, la cui popolazione, mostrandosi drammaticamente indifferente ai quotidiani problemi della realtà urbana, non ha esitato a rinnovare la fiducia ad un sindaco il quale, lungi dal dedicarsi alla cura degli interessi della collettività, si è limitato nell’ultima consiliatura ad assecondare le esigenze di pochi e ben noti centri di potere.
Di fronte ad un simile status quo, era compito dell’Unione proporre una sfida di rinnovamento: una sfida che si poneva di per sé come ardua e rischiosa, considerate le connessioni esistenti tra il centro destra e quel sostrato provinciale e stucchevolmente piccolo-borghese su cui si fonda il nucleo della società cagliaritana. Tuttavia - forse male interpretando l’antico grido di Che Guevara, in base al quale le battaglie non si perdono ma si vincono sempre -, di fronte alla prospettiva di combattere una battaglia aspra e senza esclusione di colpi, l’Ulivo nostrano ha scelto di deporre preventivamente le armi e di lasciare così all’avversario la possibilità di assicurarsi quasi senza colpo ferile il campo di azione.
In questo senso assume una sua ragion d’essere la candidatura di Gianmario Selis, uomo onesto e politico capace, ma ormai privo del carisma necessario per rappresentare le istanze di tutte le anime della coalizione; in questo senso può inoltre essere individuata la perversa logica che ha ispirato la formazione di una lista unitaria composta (ferma restando qualche fisiologica eccezione) da candidati talmente logori ed abusati da non potere in alcun modo meritare il sostegno di quell’ampia fetta di elettorato la quale, mostrandosi insensibile a ipocrisie e trasformismi, continua orgogliosamente a professarsi di sinistra.
Ora, mentre questa ennesima sconfitta assume proporzioni sempre più definite, un’altra sfida di rinnovamento deve essere proposta: la sfida diretta a costituire una nuova classe dirigente in grado di sostituirsi al ristretto manipolo di druidi della politica che, ormai da vent’anni, governa con alterne sfortune le sorti del centro-sinistra sardo. Volendo infatti ancora una volta parafrasare Che Guevara, sembra logico sostenere che, se non tutte le battaglie possono essere vinte, sicuramente tutte meritano di essere almeno combattute.

Carlo Dore jr.

2 commenti:

InOpera ha detto...

la sfida di rinnovamento sarebbe stata tale se avessero chiesto ai cittadini il candidato da presentare con primarie.
é stato fatto?

prendiamo salerno, dove la sinistra ha perso contro un suo candidato autonomo che aveva vinto le primarie ma non era stato preso in considerazione.

Massimo Marini ha detto...

Il ramo secco.
Il ramoscello d'Ulivo fiorito in primavera, sembra essersi già seccato con i primi caldi afosi e torridi dell'estate. La tornata amministrativa di fine maggio ha fatto registrare una sostanziale vittoria del centrosinistra sulla CDL (24 a 11 contro il precedente 18 a 18), ma anche un sensibile ridimensionamento del progetto Ulivo, di fatto propedeutico al Partito Democratico. Quasi mai sopra la somma DS-DL, non presente in tutto il territorio nazionale, sopra il 30% solo in quelle elezioni dal risultato sostanzialmente già scritto (Torino e Roma ad esempio). Vero è, come ci sentiamo ripetere in tutte le salse, che il voto amministrativo risponde a logiche e fattori territoriali assenti nel voto politico. Ma è vero altrettanto, e questo sarebbe oramai da considerare in modo più serio e attento, che sostanzialmente la base DS (ma anche della Margherita) non digerisce affatto l'appiattimeno della propria appartenenza verso un ibrido e politicamente asessuato Partito Democratico. Esiste ancora, e di questo non possiamo che essere lieti, una certa passione politica, specie nella sinistra progressista/riformista/socialista (non sono esattamente la stessa cosa, ma per intenderci) che non trova certamente entusiasmante un progetto verticistico più simile ad un lifting moderato che non ad una reale innovazione politica. Ne sono un lampante esempio i dolorosissimi mal di pancia che le segreterie locali più ligie al dovere (quelle cioè che hanno scelto la lista unitaria) hanno dovuto sopportare per la compilazione delle liste!

Esempio nell'esempio, Cagliari. Fallimento (chiamiamo le cose con il loro nome, almeno noi) della lista unitaria, fallimento del progetto Selis, fallimento della coalizione. Le ragioni, naturalmente, non sono tutte imputabili alla scelta della lista unitaria: bassa affluenza (a dire il vero curiosamente "rivendicata" sempre dagli sconfitti, qualunque sia il colore), clientelismi decennali nel centro-centrodestra, bassa percentuale di "gioventù" al voto (tutta dispersa, sottoscritto compreso, nell'hinterland dal costoametroquadro più ragionevole), sono le cause maggiori della vittoria del centrodestra nella nostra "capitale", ma non possiamo non vedere, analizzandolo con il giusto occhio clinico (se la prossima volta vogliamo almeno superare il 40%!) che proprio a Cagliari la lista unitaria non s'ha d'affare. Da dove ricominciare allora? Certamente dai giovani che hanno ottenuto un significativo risultato, da un'opposione reale e non accondiscendente come in passato, da una più forte presenza nella società attiva e operativa. Ma soprattutto si dovrebbe cominciare, a Cagliari come nel resto del territorio nazionale, ad indirizzare, accompagnare, aiutare a crescere, fortificare, la base sociale e politica che rappresenta la vera anima, il vero cuore pulsante dei partiti italiani. Senza forzature, senza percorsi e scelte imposte in modo "drastico" dall'alto.

Nel centrosinistra italiano esistono due anime: una moderata e una socialista. Quando i vertici dell'Unione se ne renderanno conto, ed inizierà dunque un maturo e serio processo di costituente per una nuova area progressista italiana sostenuta da due gambe forti e distinte, probabilmente inizierà quella svolta che tutti i progressisti/riformisti/socialisti (come sopra) aspettano dal 1989.