martedì, settembre 25, 2007


LEGGE ELETTORALE: VIVA IL MATTARELLUM!


Mentre l’attenzione dell’opinione pubblica è quasi completamente monopolizzata dalle vicende relative alla formazione delle liste per le primarie del Partito Democratico, il problema della riforma della legge elettorale risulta attualmente relegato ai margini del dibattito politico.
Eppure, l’individuazione di un sistema in grado di garantire rappresentatività e stabilità di governo costituisce non solo uno dei passaggi decisivi per verificare la compattezza dell’attuale maggioranza parlamentare, ma anche una delle scelte fondamentali per il futuro della nostra democrazia, al momento sottoposta al “fuoco incrociato” derivante dalla necessità di smantellare la “porcata” di Calderoli e di scongiurare contemporaneamente il successo del “referendum – truffa” promosso da Segni e Guzzetta. Tuttavia, la necessità di una simile riforma collide con le trasversali logiche di autoconservazione che animano le scelte delle varie componenti del sistema dei partiti, le quali mirano per forza di cose a conseguire il totale controllo della vita politica del Paese.
Senza scadere nel greve qualunquismo proprio dei sermoni di Beppe Grillo, rappresenta ormai una verità inconfutabile l’affermazione secondo cui la ratio della legge elettorale vigente deve essere esclusivamente individuata in un semplice gioco di potere: attraverso l’eliminazione dei collegi uninominali e l’introduzione di un sistema proporzionale corretto (in grado, come tale, di favorire l’azione dei partiti minori), la Casa delle Libertà intendeva sfruttare a proprio vantaggio la condizione di estrema frammentarietà che caratterizzava la composizione del centro-sinistra, volutamente configurato come una coalizione tanto ampia da “far coesistere Mastella e Bertinotti”.
Fermo restando che una modifica della legge elettorale posta in essere quattro mesi prima della conclusione della legislatura verrebbe descritta come una pratica di stampo golpista anche nella più arretrata repubblica delle banane, si deve tristemente rilevare come l’Unione abbia tutto sommato condiviso i principi ispiratori del perverso disegno di Calderoli. La presenza delle liste bloccate è stata infatti utile ad assicurare un seggio in Parlamento tanto agli storici “capi-bastone” di DS e Margherita (evidentemente terrorizzati dalla prospettiva di sottoporsi al giudizio diretto degli elettori) quanto ai più autorevoli esponenti di quell’ampia cerchia di giovani-vecchi, convinti di poter fondare unicamente sulla qualifica di delfini della Casta il loro cursus honorum.
Risultando la correttezza di questa mia ultima osservazione confermata in toto dall’applicazione dell’appena descritto sistema delle liste bloccate nelle primarie convocate per la formazione dell’assemblea costituente del PD, si è già avuto modo di precisare come il buon esito dell’ormai famoso referendum “Segni –Guzzetta” finirebbe paradossalmente con l’aggravare le storture del sistema attuale.
Se infatti da un lato il meccanismo elaborato dagli illuminati sostenitori del movimento referendario non determina la reintroduzione delle preferenze riferite al singolo candidato, d’altro lato - favorendo l’aggregazione delle varie forze politiche in grandi “macroliste”, di fatto qualificabili come meri cartelli elettorali - tale meccanismo priva l’elettore del (seppur minimo) potere di accordare il proprio voto al partito che meglio rappresenta i suoi orientamenti.
Posto quindi che deve essere identificata nel Parlamento la sede più adeguata per procedere all’elaborazione della nuova legge elettorale, professionisti della politica e studiosi del diritto costituzionale sono da tempo alla ricerca di una soluzione che risulti “il più possibile condivisa”, dando luogo alla sintesi delle posizioni espresse da maggioranza e opposizione.
Tuttavia, di fronte alle machiavelliche opere di ingegneria giuridica che talvolta vengono proposte all’attenzione dell’opinione pubblica, è stato correttamente rilevato come l’approvazione di un'unica disposizione ( riassumibile nel principio in base al quale “deve considerarsi abrogata la legge elettorale attuale, con conseguente riviviscenza della legge preesistente”) condurrebbe alla reintroduzione di quel sistema che, prima di essere superato dalla “porcata” di berlusconiana memoria, aveva per due legislature garantito la formazione di maggioranze teoricamente in grado di sostenere con incisività l’azione dell’Esecutivo.
Sospendendo per un istante le discussioni su proporzionale alla tedesca e doppio turno alla francese, è forse possibile individuare proprio nel vecchio Mattarellum quel criterio in grado di garantire stabilità e rappresentatività, di rendere effettiva la corrispondenza tra determinazione degli eletti e volontà degli elettori.

Carlo Dore jr.

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