martedì, novembre 06, 2007


QUELL’ISOLA A GRENADA…


La festa organizzata da alcuni militanti dell’UDC per celebrare la rinnovata armonia che sembra al momento regnare tra le varie componenti della CDL ha costituito l’occasione che Berlusconi attendeva per scatenare una nuova invettiva contro il Governo – Prodi e la maggioranza che lo sostiene.
Dopo avere intonato, anche senza l’accompagnamento del fido Apicella, la consueta ed abusata litania sui brogli elettorali, sulle grandi opere sabotate dalla furia bolscevica, sul vantaggio abissale assicurato al su partito dall’ennesimo sondaggio americano, il demiurgo di Arcore è giunto ad identificare nell’Esecutivo in carica il vero responsabile del massacro di Tor di Quinto, descritto come la logica conseguenza delle fallimentari politiche sull’immigrazione impostate dall’Unione in questa prima fase della legislatura.
Di fronte all’entusiasmo della platea scudocrociata, il Caimano ha persino ammesso, tra la commozione generale, di essersi trovato, a causa della rivoluzione comunista verificatasi in quel di Grenada, nell’impossibilità di concludere l’acquisto dell’isoletta caraibica in cui intendeva ritirarsi a vita privata dopo la debacle elettorale subita per mano dei feroci companeros italiani.
E così, mentre l’ex premier medita sull’opportunità di affidare a statisti del livello di Mauro Pili o Vittoria Brambilla il compito di elaborare nuove strategia sul problema della sicurezza dei cittadini, Gianfranco Fini assiste indifferente all’azione delle squadre di fascisti in doppio petto che, negli ultimi giorni, hanno imperversato per Roma, dando vita ad una sorta di furiosa caccia all’immigrato.
Tuttavia, fermo restando che il tentativo diretto a trasformare un tragico fatto di cronaca nera in strumento di lotta politica costituisce un’operazione degna non di una evoluta democrazia europea ma della più feroce repubblica delle banane, è quantomeno lecito chiedersi come quelle stesse forze politiche le quali , nel corso degli ultimi cinque anni, hanno dimezzato i termini di prescrizione anche con riferimento a reati di particolare pericolosità sociale, hanno svolto un ruolo determinante nell’approvazione della legge sull’indulto, hanno di fatto legalizzato la criminalità economica possano credibilmente proporsi come garanti della pax sociale.
Premesso che, nel corso della seconda repubblica, la scena politica italiana ha costituito terra di conquista per cortigiani del potere, imprenditori senza scrupoli, nani, ballerine e “facce di bronzo” di varia provenienza ed estrazione, l’ultima performance verbale del Caimano deve costituire un utile spunto di riflessione per quei fautori della nuova stagione veltroniana che, solo lo scorso aprile, ne applaudivano a scena aperta l’ingresso all’ultimo congresso dei DS. Nel confronto tra le due metà del Paese, tra il popolo del Palavobis e i “Dell’Utri boys”, tra i ragazzi di Locri e le ronde di Borghezio, i militanti delle varie forze che afferiscono a “l’Unione” devono comprendere che questa destra arrogante e forcaiola, affarista ed amorale rappresenta non un leale interlocutore con cui instaurare un proficuo confronto sulle grandi questioni di rilevanza nazionale, ma un avversario da sconfiggere sul piano della serietà dell’azione di governo, dei contenuti e delle scelte operative.
Al limite, sarebbe auspicabile che i partiti della c.d. sinistra radicale intercedessero presso il governo di Grenada per facilitare una riapertura delle negoziazioni dirette all’alienazione dell’isoletta a cui si è in precedenza fatto riferimento: persino gli infallibili sondaggisti americani sono concordi nel ritenere che, se l’ala più estrema dell’attuale maggioranza di governo consentisse a Berlusconi, Fini, Pili e Brambilla di trasferire una volta per sempre su una spiaggia dei Carabi la loro corte di nani, ballerine e squadristi in doppio petto, mezza Italia almeno si colorerebbe di rosso.

Carlo Dore jr.

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