mercoledì, novembre 28, 2007


UNITA’ A SINISTRA: DIVAGAZIONI SUL TEMA.

L’imminente convocazione degli “Stati generali della sinistra italiana” impone una approfondita riflessione sui presupposti, gli obiettivi e le finalità che devono caratterizzare la fase costituente del soggetto politico in cui sono destinate a confluire le principali forze progressiste del Paese.
Posto che questa riflessione prende inevitabilmente mosse dalle ben note vicende che hanno caratterizzato la nascita del PD e la formazione dei gruppi dirigenti del partito derivante dalla fusione delle componenti maggioritarie di DS e Margherita, occorre preliminarmente riconoscere a Veltroni il merito di essere riuscito a mobilitare oltre tre milioni di militanti a sostegno di un progetto allo stato indecifrabile, trasformando le primarie dello scorso 14 ottobre in un reale momento di partecipazione democratica. Tuttavia, l’indubbia intelligenza e le notevoli doti di comunicatore proprie del Sindaco di Roma non possono scalfire l’attualità del teorema proposto da Emanuele Macaluso nel suo (bellissimo) “Al Capolinea”: all’inizio di questa tribolata “nuova stagione”, il Partito Democratico può essere descritto solo attraverso negazioni.
Le incertezze dimostrate in ordine ai temi dei diritti civili, delle unioni di fatto e della laicità dello Stato (incertezze derivanti dalla necessità di garantire un minimo di equilibrio tra le posizioni “liberal” di Colombo e Morando e l’integralismo manicheo di Paola Binetti) dimostrano infatti che il PD non potrà essere un partito laico. Peraltro, l’incapacità di favorire la formazione di una nuova classe dirigente, in grado di avanzare proposte incisive sulle grandi questioni di rilevanza nazionale conferma che il PD non sarà un partito riformista. In altre parole, riprendendo i concetti recentemente espressi da Marco Follini nell’intervista in cui descriveva il nuovo soggetto politico attraverso la comparazione con la componente morotea della Democrazia Cristiana, è possibile concludere che il Partito Democratico non è e non sarà un partito di sinistra.
L’accettazione di una simile premessa impone alla componente diessina che ha scelto di non aderire alla svolta del Mandela Forum di offrire un punto di riferimento a quell’ampia fetta di popolo progressista che, pur avendo accettato la transizione dal marxismo alla socialdemocrazia, non intende rinunciare alla propria identità di sinistra.
Proprio la necessità di evitare che questa vasta area di consenso venga fatalmente assorbita dalla strategia veltroniana del partito-gazebo impone però che il progetto della “cosa rossa” non si esaurisca nella creazione di un semplice movimento di lotta, ostaggio dello sterile estremismo di quelle componenti dell’ala radicale de “l’Unione” le quali si sono dimostrate disposte –pur di assecondare alcune rivendicazioni settoriali- a sottrarre al sindacato la sua funzione di rappresentanza delle istanze dei lavoratori in seno alle Istituzioni.
Se si considera che gli assetti economici del XXI secolo hanno portato ad una sostanziale trasformazione delle rivendicazioni del c.d. “movimento operaio”, si comprende come il soggetto politico destinato a collocarsi a sinistra del PD deve presentarsi ai cittadini come una moderna forza di governo, in grado rendersi portatrice di quei valori di pace, uguaglianza e giustizia sociale su cui attualmente si fonda il socialismo europeo, perfetta congiunzione tra la questione morale di Berlinguer e Allende e la vocazione realmente riformista che caratterizza l’azione di Zapatero.
Di fronte alla deriva moderata conseguente alla nascita del PD, la sopravvivenza della sinistra italiana dipende proprio dalla sua capacità di proporre una concreta alternativa, ispirata non già a pulsioni nostalgiche ma ad un concreato progetto di rinnovamento della politica. E’ in questa esigenza di rinnovamento che si traduce quel “bisogno di sinistra” a cui gli Stati Generali del prossimo 8 dicembre dovrebbero essere funzionali: questa speranza non deve rimanere ancora una volta delusa.

Enrico Palmas
Carlo Dore jr.

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