domenica, maggio 21, 2006


LA QUESTIONE MORALE DI ZIO PAPERONE


All’indomani della concessione della fiducia da parte del Senato all’Esecutivo presieduto da Romano Prodi, le polemiche scatenate dal centro-destra in confronto dei sette senatori a vita, rei di avere manifestato il loro sostegno al nuovo governo pur non essendo investiti della necessaria legittimazione popolare, non accennano a placarsi.
Nell’ambito di questa sorta di commedia dell’assurdo che impone agli esponenti della Casa delle Libertà l’ingrato compito di ricoprire di contumelie persino due personaggi come Ciampi (ripetutamente osannato come il miglior Presidente della storia repubblicana) o Andreotti (già candidato dal Polo a ricoprire il più alto scranno di Palazzo Madama in quanto “figura di alto profilo morale” (sic!), capace peraltro di resistere all’aggressione del consueto manipolo di magistrati bolscevichi), Berlusconi non ha voluto rinunciare ad assumere il ruolo di protagonista assoluto, tacciando di “immoralità” i suddetti senatori a vita, ormai palesemente integrati nelle truppe cosacche recanti l’insegna dell’Ulivo.
L’episodio appena descritto ha riportato all’attualità una celebre massima di Nanni Moretti: indipendentemente dall’esito delle elezioni, il Caimano ha vinto comunque. Questa (neanche tanto simpatica ) versione di Zio Paperone della politica italiana ha infatti assunto, forte dell’immancabile sostegno di tre improvvisati Qui, Quo e Qua (al secolo rispondenti ai nomi di Bonaiuti, Schiffani e Cicchitto), una tale incidenza sulla nostra società da sentirsi ora in grado di determinare unilateralmente il confine tra giusto e ingiusto, tra equo e iniquo, tra morale e immorale.
Tuttavia, superando per un attimo i sacri precetti del Vangelo secondo Silvio, si può validamente affermare che un giudizio di moralità deve essere formulato in base a parametri oggettivi, ferma restando la logica componente di relativismo che per forza di cose caratterizza siffatto giudizio.
Applicando questi parametri, non potrà che qualificarsi come immorale colui il quale è disposto a corrompere un giudice pur di ottenere una sentenza favorevole, o a pagare un testimone affinché deponga il falso in Tribunale. Del pari, difficilmente potranno essere descritte come azioni moralmente elevate l’approvazione di una serie di leggi dirette a risolvere le pendenze giudiziarie di chi le propone, la costante delegittimazione di tutte le istituzioni di garanzia, la frequentazione di soggetti vicini alla criminalità organizzata, la predisposizione di un progetto di riforma della Carta Fondamentale che stravolge radicalmente le linee programmatiche individuate dai Padri Costituenti.
Delle valutazioni appena formulate, il Cavaliere farebbe bene a tenere conto prima di accusare di immoralità un senatore a vita che si limita ad esercitare una delle prerogative che la Costituzione riconnette alla sua carica. E in questo senso, proprio la lezione di Zio Paperone potrebbe risultare per lui illuminante: perso tra fiumi di monete e oceani di banconote, almeno il Vecchio Cilindro non ha la pretesa di impartire a chicchessia lezioni di moralità

Carlo Dore jr.

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